Il film è un invito al un gioco. E qualcosa bolle in pentola al Museo degli Strumenti per il Calcolo. Intanto qui trovate un quesito a cui rispondere
di Giovanni A. Cignoni
Prima di scrivere ho contato fino a 10, forse anche qualcosa di più. Ed è stato saggio.
Film, libri etc. “ispirati a fatti realmente accaduti” scatenano a caldo brutte reazioni in chi conosce e studia i fatti e, magari, tribola affinché siano raccontati proprio come sono realmente accaduti.
The Imitation Game è un frullato di fatti veri, un po’ semplificati, un po’ esagerati, spesso adattati alla trama o stereotipizzati, infine ben confezionati in un classico filmone da Oscar. Giudicando dai risultati al botteghino, dalle nomination ricevute, e in ultima analisi dalle facce generalmente soddisfatte delle persone che escono dal cinema, bisogna rispettosamente riconoscere che sceneggiatori, regista e attori hanno fatto bene il loro mestiere. Non solo.
Cosa è frutto dell’immaginazione, come andarono le cose nella realtà?
The Imitation Game è un invito a un gioco: cosa nel film è frutto dell’immaginazione e come invece andarono le cose nella realtà? Se questa domanda è passata per la testa dello spettatore e lo ha incuriosito un po’, beh, allora chi per mestiere racconta la storia ha appena ricevuto da chi per mestiere fa film uno spettacolare assist.
Cosa c’è che non va nella foto di copertina?
È anche una faccenda di scaramanzia. Ai Golden Globe The Imitation Game aveva cinque nomination, ma non ha preso niente. Agli Academy ne ha otto: aspettiamo il 22 febbraio e tifiamo per Cumberbatch & C.
Nel frattempo, per non lasciarvi proprio a bocca asciutta e per continuare a ragionare su realtà storica e licenze più o meno lecite, cosa c’è che non va nella foto di copertina?
Il gioco continua sulla pagina FB del Museo.
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