220 musei, 6770 tweet, 44 mila retweet e 25 milioni gli utenti toccati.. Soni i numeri di #followamuseum a cui ha partecipato anche il Museo degli Strumenti per il Calcolo
di Arianna Pecorini & Giovanni Cignoni
Domenica scorsa c’era #followamuseum, una sorta di giorno dei musei, però su Twitter. Il che vuol dire che stando comodamente sul divano, si poteva saltare da un museo all’altro in giro per il mondo, ritrovando quelli conosciuti e scoprendone di nuovi.
Non è una visita, no, è una cosa diversa, una specie di party: un museo coglie la tua attenzione, poi è la volta di un altro, segui una conversazione, se vuoi intervieni, domandi, giri agli amici quello che ti ha incuriosito, di fatto invitandoli a imbucarsi, cosa di cui, in questo caso, sono tutti contenti. Indubbiamente, è un modo di andare per musei leggero. È un altro canale.
I numeri: 220 musei da 27 paesi, 39 dall’Italia, 6770 tweet. È vero che i tweet sono testi brevi, ma, a pensarci un attimo e misurarli tradizionalmente, insieme fanno comunque più di 400 cartelle e molti erano accompagnati da immagini. Un canale leggero, ma di informazione ne è passata.
Che tutto possa avvenire dal divano è una comodità condivisa anche da chi giornate come queste le anima, cioè i musei o chi per loro. Ma preparare e poi seguire un evento del genere richiede comunque un certo impegno e una giornata di cinguettii, un pochino, alla fine ti prova. Però per un Museo, specialmente uno che ha bisogno di farsi conoscere, vale la pena.
Altri numeri, le persone coinvolte: 44 mila i retweet e 25 milioni gli utenti toccati. Per Twitter sono numeri da piccolo evento – perché #followamuseum day è (ancora) piccolo. Ma rispetto ai modi tradizionali con cui i musei coinvolgono il loro pubblico sono numeri, in un giorno, di un certo peso. Rifletterci e pensare “è internet, bellezza” è tutt’uno.
Il Museo degli Strumenti per il Calcolo, ovviamente, c’era (5778 le letture dei suoi tweet). Come in tante feste informali, ognuno porta qualcosa; il nostro piatto era un percorso virtuale sul calcolo personale. Rieccolo per chi se lo fosse perso o per chi volesse rigustarselo.
10+1 passi nella storia del calcolo personale, due capitoli dalla collezione del Museo degli Strumenti per il Calcolo dell’Università di Pisa
Capitolo 1: in principio erano personal calculator, calcolatrici, meccaniche, ma già digitali
1865, Aritmomentro De Colmar, il primo prodotto in serie;
1892, Brunsviga B, un nome che da sé significa calcolatrice, portatile anche;
1934, Marchant ACT-10M, silent-speed era lo slogan con cui era pubbilcizzata;
1947, Olivetti Divisumma 14, il design e il bello entrano in campo;
1961, ANITA, arriva l’elettronica, nessuna parte in movimento, ma ancora decimale.
Il jolly: 1965, la Programma 101, un punto di svolta fra calcolatrici e calcolatori.
Capitolo 2: poi vennero i personal computer, veri calcolatori, macchine programmabili
1977, Apple ][, il monitor, i dischi e la tastiera, il PC da scrivania come ancora lo disegnamo;
1981, IBM PC, Big Blue fa lo standard, e non c’è da aggiungere altro;
1982, Commodore C64, il re degli home computer;
1984, Macintosh, la nuova era, lato utente: piccolo, carino, intuitivo;
1985, Amiga, la nuova era, lato tecnologico: vero multitasking e GPU indipendente.
Abbiamo approfittato anche per svelare la soluzione del quiz proposto qualche tempo fa. Questa è la foto originale di Alan Turing: in questi tempi photoshopposi, un ritocchino non si nega a nessuno.
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