La storia delle spiagge di ghiaia a Marina di Pisa spiegata per punti a chi si è perso le puntate precedenti. A cura di Fabiano Corsini, del gruppo “Salviamo il Paesaggio del Litorale”
C’è certo fermento sul litorale, ed anche preoccupazione, sulla notizia che presto cominceranno i lavori per la costruzione delle nuove “spiagge di ghiaia”, nel tratto antistante il percorso tra Piazza Baleari e Piazza Gorgona. Come è facilmente intuibile, la decisione di fare questi lavori viene da lontano; il procedimento amministrativo necessario per dare via a lavori di questo genere è di per sé molto lungo, e del resto quello che prenderà prossimamente avvio, per iniziativa della Provincia, è un lotto nuovo di un’opera che ha preso avvio prima del 2000.
Se non fosse stato oggetto di intense campagne di opere pubbliche per la difesa della erosione, la linea di costa di Marina avrebbe seguito le sorti della corrispondente linea a nord della foce. Ciò nonostante, l’abitato di Marina, visto in pianta, pare insediato su un promontorio. Per molti anni, pur con scelte diverse e fortune alterne, la difesa dalla erosione è stata perseguita con la posa in opera di grandi dighe foranee, barriere di scogli poste ad una certa distanza dalla battigia e integrate da una barriera protettiva sopraelevata al fronte strada.
Giova anche ricordare che la massicciata stradale è completamente artificiale ed ha necessitato più volte nel tempo, di essere integrata e mantenuta con interventi straordinari e molto costosi.
Secondo i tecnici, la scelta di collocare le dighe davanti all’abitato ha rafforzato l’incidenza del fenomeno erosivo al sud dello stesso. Tanto che si sono realizzati, anche per iniziativa privata, ulteriori interventi di protezione, con dighe realizzate con massi. In una fase più recente, nelle zone a sud si ritenne di sperimentare, con successo, la posa in opera di dighe soffolte, sommerse, integrate con azioni di ripascimento delle spiagge.
Le origini dell’abitato di Marina come centro urbano datano alla seconda metà del secolo XIX. Fino a quel momento, la foce dell’Arno, che geograficamente è un fiume a delta, aveva portato ogni anno nuovi terreni, allontanandosi dalla Città di Pisa. È a tutti noto che in epoca cristiana la linea di costa lambiva la basilica di San Piero a Grado. Un processo di natura inversa iniziò proprio negli anni della cosiddetta fondazione di Marina. Su quali siano le cause di questa inversione c’è una ricca letteratura, abbastanza concorde nel rilevare che il fenomeno sia da ricondurre in primo luogo agli interventi che hanno interessato il fiume nei suoi tratti “continentali”, ovvero le opere con cui si è regimentato il flusso, costruito dighe, canalizzazioni, in concomitanza con i processi di utilizzo intensivo dei materiali ricavati dall’alveo, sabbia, ghiaia ecc, per alimentare soprattutto le industrie dell’edilizia. Altre cause sono invece da ricercare nelle opere realizzate in loco, dopo il taglio ferdinandeo del 1607: il prosciugamento del sistema di lame e cotoni tipico di questa zona, la trasformazione della foce in un estuario, taluni errori compiuti in sede proprio di costruzione di opere di difesa dall’erosione.
È forse opportuno ricordare come si arrivò alla scelta di questa soluzione, nella forma in cui fu adottata una decina di anni fa per il tratto tra le Piazze Gorgona e Sardegna. Si doveva, a quell’epoca, provvedere a rafforzare le dighe di scogliera preesistenti; il Genio Civile e le Opere Marittime, allora competenti, ipotizzavano di innalzare i massi fino a tre metri e cinquanta. Si prospettava la possibilità che i tramonti si sarebbero visti con il sole che calava tra gli scogli. Una équipe di scienziati, tra i quali oltre ai professori Pranzini e Aminti c’era un Architetto del Paesaggio (l’architetto Oneto), prospettò un’ipotesi differente, molto meno costosa (due miliardi di lire anziche tre e mezzo come quella delle dighe), ma soprattutto, molto meno impattante sul paesaggio.
L’ipotesi di quel progetto era che abbassando le scogliere (da rendere ancora soffolte, come felicemente già sperimentato, e dunque non visibili) si sarebbe ottenuto un innalzamento dei fondali, e con questo, la possibilità che in tempi non biblici, ma comunque lunghi, si sarebbe forse rigenerato un insabbiamento della costa. Per impedire che in questa fase la strada e l’abitato fossero aggrediti dai marosi, si progettò di collocare a fronte strada una barriera porosa, capace di reagire alle onde di mareggiata opponendo “naturalmente” una forma di cresta, una difesa efficace.
Il progetto originario, pur concretizzando opere di difesa dalla erosione, si proponeva come un progetto integrato, con interventi anche sugli aspetti paesaggistici, volti a inserire il contrasto alla erosione in un processo più organico di riqualificazione del lungomare.
Proprio in quella fase, dopo che questo progetto fu avviato, ci fu il passaggio di competenze dallo stato alle regioni e da queste alle province. A lavori avviati, ci fu una mareggiata eccezionalmente forte, che portò tutti i sassi sulla strada. I tecnici avevano stabilito che ci dovevano essere 100 metri cubi di materiale per un metro lineare; quando accadde il fattaccio i metri cubi posti in opera erano solo 50. Gli eventi successivi hanno dimostrato che con la posa di materiale in quantità sufficiente, fenomeni di quel genere non si ripetono.
I punti deboli del progetto
Non vi è dubbio che la soluzione delle ghiaie, già sperimentata nel tratto prospicente la strada da Piazza Gorgona a Piazza Sardegna, è un’opera che impatta fortemente sul paesaggio, dunque sul modo come i cittadini vivono il loro territorio e lo sentono come proprio. In realtà, della componente paesaggistica pare si sia tenuto scarsamente conto, motivando con le solite ragioni di mancanza di mezzi e urgenza di provvedere. Il Comitato Salviamo il Paesaggio, in una sua recente iniziativa, ha evidenziato che se ci fosse stata una concertazione tra tutti gli enti interessati, si sarebbero potuti mobilitare finanziamenti di diversa origine e perseguire quella “gestione integrata dei litorali” che peraltro sarebbe auspicata dai documenti europei su questa materia. Con questa logica, la posa in opera delle spiagge avrebbe coinciso con la rimozione degli scogli lungo la strda, la creazione di passeggiate, spazi di sosta, piantumazioni. Restano poi le questione della dimensione e della qualità delle ghiaie e della successiva manutenzione. Dalla discussione e dalla riflessione in pubblico non sono venuti elementi informativi sufficienti a tranquillizzare che su questi temi si sia fatto tutto il possibile per migliorare la qualità degli interventi che si vogliono realizzare.
Fabiano Corsini – Salviamo il Paesaggio del Litorale Pisano
…giusto per dare le responsabilità a chi ce l’ha, mi confermate che alla base delle scelte dissennate sulle spiagge di ghiaia c’è ancora una volta la sinistra figura di quell’assessore Picchi
– rinviato a giudizio nell’ambito dell’inchiesta della procura di Massa sulla Cermec ed ErreErre, che gestivano il business del trattamento dei rifiuti
– indagato per abuso d’ufficio nelle procedure di valutazione di impatto ambientale per il business della realizzazione degli impianti eolici nel territorio delle province di Pisa e Firenze tra il 2008 e il 2010
e che mi pare avesse già dato ampie prove di sè amministrando Calcinaia?
Quello dell’erosione delle coste è un argomento particolarmente delicato, specialmente in presenza di aste fluviali. All’articolo che illustra adeguatamente la situazione, attuale e pregressa, di Marina vorrei aggiungere alcune considerazioni:
1) Il problema dell’erosione della costa va esaminato nel contesto territoriale che va a Sud di Tirrenia ed a Nord del Parco. Tutte le azioni che, nel passato prossimo e remoto, hanno interessato (Ed interesseranno) tale fascia costiera hanno condizionato (E condizioneranno) il tratto d’interesse;
2) Qualsiasi intervento di protezione della costa non può non tener conto del moto ondoso marino (Altezza di massima onda,…);
3) Il ripascimento con inerti della fascia costiera dovrebbe essere subordinato alla risoluzione di alcune problematiche legate ai percorsi fluviali esistenti (Naturali ed artificiali) ed alla protezione con massi ciclopici (Soffolte, pennelli,…);
4) Idonei ed innovativi (Palificate speciali; Strutture dissipative non visibili; …) interventi di protezione della costa dall’azione aggressiva del mare si stanno realizzando in varie parti del mondo. Il caso di Miami, in Florida, presenta analogie con la nostra Marina.
Sono disponibile per approfondimenti. Complimenti al Comitato per la sua azione divulgativa. Se non sono stato chiaro, chiedo venìa . Domenico MUSOLINO – Ingegnere
Non intendo in alcun modo entrare nel merito delle attività gestionali, che per quanto mi risulta sono sempre della struttura tecnica e non degli amministratori. Nel caso specifico, la scelta di questa soluzione, come è stato confermato nella assemblea a Marina, viene da molto prima dell’entrata in carica dell’Assessore Picchi. Il quale avrà modo di dimostrare comunque la sua estraneità ai fatti che gli vengono addebitati.
(mi scuso per il pasticcio, rispondevo naturalmente ad un commento precedente)
non so chi sia leonardo ma certamente è “ignorante” in materia e, non capisco perche, cerca anche di metterla in politica. cerca mediante un subdolo metodo allusivo di scaricare sull’assessore picchi una qualche responsabilità sulle scelte decisionali che riguardano le opere che a breve andrà a realizzare la provincia. le scelte tecniche, i progetti che seguono, le procedure d’asta e i lavori non sono mai seguiti da politici ma dagli apparati tecnici degli enti interessati. inoltre con è stato detto e scritto più volte questo metodo di difesa della costa viene da molto lontano e da apparati ministeriali; allora verrebbe da chiedersi chi era al governo in quegli anni? no non è così che si affrontano i problemi della difesa della costa e dell’abitato. la soluzione che è stata fatta e quella che faranno è OTTIMA per la soluzione del problema, non sono spiagge di ghiaia, sono opere di difesa verso il fenomeno dell’erosione e al tempo stesso opportunità che favoriscono l’uso l’approccio al mare oggi reso molto più difficile dalla scogliera. tutto ok allora? no, si può far di meglio: manca la manutenzione (almeno tre passaggi l’anno per lo spianamento) manca un progetto e una compartecipazione per riqualificare il lungomare. ho visto in una riunione pubblica una interessante volontà del comune……lavoriamoci sopra, è molto affascinante….forse troppo?