La società GoWare, nata al Polo Tecnologico di Navacchio, pubblica per l’occasione “Storybook”, l’ebook di Lorenzo Mannella che ripercorre i primi 10 anni di vita del social network più potente del mondo
Oggi Facebook compie 10 anni. Ma non sembra proprio un minorenne pronto a entrare nell’età adulta, quanto piuttosto un adulto con la disinvoltura di un ragazzino e le capacità economiche del nonno miliardario. Dal gruppo di studenti di Harvard che giocando al pettegolezzo digitale inventarono il celebre social network nel 2004, ad oggi che Facebook è parte della vita di oltre un miliardo di persone in tutto il mondo.
Per celebrare degnamente questo compleanno, Goware, la società del Polo Tecnologico di Navacchio esperta in app e ebook, ha pubblicato “Storybook, i primi 10 anni di Facebook”. A cura di Lorenzo Mannella, giovane giornalista che si occupa di scienza e tecnologie, che con Goware ha già pubblicato lo scorso anno “Troglodata, il futuro di Internet visto dalle nostre caverne”.
Con lui parliamo del libro e dell’idea da cui è nato: “Quando ho realizzato che mancavano pochi mesi al decimo compleanno di Facebook, mi sono reso conto di quanto anche l’elemento temporale avesse subito delle modifiche, da quando Facebook fa parte delle nostre vite. Ci sembra uno strumento nuovo, appena arrivato, e in realtà ha già dieci anni di vita. Un periodo tutto sommato abbastanza lungo, in grado di incontrare persone di età diverse e in età diverse”.
“Quella di Facebook è una storia la cui cronologia si può trovare su internet”, racconta Mannella, “ma in maniera sparsa, frammentata fra centinaia di articoli e blog, in un magma di materiale che diventa quasi impossibile da consultare. Non si trova mai tutto raccolto in un unico strumento, e così nella mia testa era venuta fuori l’idea di raccogliere tutto questo materiale in un ebook”.
“Ho così stilato un elenco dei punti chiave di ciò che è successo a Facebook, raccontando ad esempio di quando ha provato a comprare Twitter, o quando Yahoo ha provato a comprare Facebook, senza riuscirci”. Ma la storia raccontata in Storybook non è solo un elenco acritico di avvenimenti: “Ho voluto che diventasse una sorta di lente di ingrandimento sui cambiamenti di Facebook, che non sono mai casuali. Vorrei che il libro facesse capire come in questi anni Facebook abbia gradualmente eroso la privacy degli utenti. Tutti i link e materiali dell’ebook rimandano infatti a contenuti che dimostrano com’è cambiata la privacy di Facebook e come questo abbia provocato anche degli shock, in un primo momento”.
Ad esempio Mannella ricorda come all’inizio questo fosse una sorta di Eden per studenti del college, e come nel giro di due anni ci sia stata una totale apertura verso l’esterno al punto che chiunque poteva entrare in contatto con questa rete primordiale di studenti, che nel frattempo avevano pubblicato tutto di sé. “Licenziamenti, abbandoni dell’università, ripercussioni personali…tutto per il semplice fatto che episodi spiacevoli della loro vita erano rimbalzati sui social diventando di pubblico dominio”.
E racconta poi dell’ingannevole dicitura: “Iscriviti a Facebook. L’iscrizione è gratuita e lo rimarrà per sempre”. “Certo, non si paga in moneta – spiega Mannella – ma si paga con i propri dati personali, che di fatto diventano l’oro, la merce di scambio che viene rivenduta a terzi”. Come recita il proverbio di Internet: ‘Quando in rete non paghi un prodotto, vuol dire che il prodotto sei tu’.
E mentre i dati di Facebook al 29 gennaio parlano di un fatturato 2013 di oltre 7 miliardi di Usd, “non si può certo parlare di crisi, ma è quanto mai necessario che gli utenti si interroghino su ciò che quotidianamente regalano al social network, e magari inizino a porre delle richieste precise. Dal momento che parliamo di un’azienda che con i loro dati fattura oltre 7 miliardi di Usd, il minimo che possono fare gli utenti è pretendere di più, sia in termini di privacy ma anche in termini economici. Penso ad esempio a quei professionisti, come i fotografi, che pubblicano su Facebook i loro lavori. Per loro, proposte come i bitcoin o altro, sarebbero quanto meno doverose”.