Resta alta l’attenzione sull’Arno e resta alta l’allerta meteo. In Prefettura oggi si è fatto il punto sui danni causati dall’alluvione di venerdì 31 gennaio. Danni che sotto il forte impatto della pioggia che da stanotte si abbatte sulla Toscana continuano a colpire un territorio che oggi è stato definito “fragilissimo”: 46 sono le frane attive a Volterra e 2 le interruzioni sulla viabilità provinciale.
Un summit quello convocato dal prefetto Francesco Tagliente che ha visto, insieme a tutti i sindaci della provincia, la partecipazione del Capo Dipartimento della Protezione civile Nazionale Franco Gabrielli, dell’assessore regionale alla presidenza Vittorio Bugli, il presidente della Provincia Andrea Pieroni e il vicesindaco di Pisa con delega alla Protezione Civile Paolo Ghezzi.
Primo a parlare di fragilità è proprio Tagliente, riferendosi in particolare a una fragilità degli argini che nella giornata del 31 ha dimostrato tutta la sua urgenza con la rottura che portato all’allagamento di Ponsacco. E che, come è emerso da tutti gli interventi, riguarda l’intero territorio: una fragilità che non può essere costantemente gestita nell’emergenza, ma che ha bisogno di interventi strutturali, di una manutenzione straordinaria.
Di una prevenzione strutturale ha parlato anche Gabrielli in termini di “necessità”. Di una necessità che deve essere supportata da una programmazione e da fondi: “Troppo spesso viaggiando per l’Italia mi trovo di fronte un territorio malato, ferito da una guerra costellata di scelte scellerate, sprovvisto delle necessarie medicine”. Un territorio costellato di costruzioni abusive, sanate da condoni folli, di edifici costruiti in terreni fragili, lungo le golene. Tanto da fare chiedere al Capo della Protezione Civile “una moratoria di 10 anni sulle nuove costruzioni”.
E se questo non riguarda la Toscana – precisa – è indubbio però che nell’ultimo anno “la regione sia stata colpita duramente”. Tanto che Gabrielli rassicura sul riconoscimento per la Toscana dello stato di emergenza, che definisce “uno stato oggettivo”: al prossimo Consiglio dei Ministri per la nostra regione insieme al Lazio, il capo della Protezione Civile chiederà che si lavori per il reperimento delle risorse. Perché di fondi in più si parla dato che, come sottolinea Gabrielli, il budget stanziato per la Protezione Civile, 70 milioni di euro, di fatto è già esuarito.
Ma a preoccupare i sindaci non è solo la dichiarazione dello stato di emergenza. Molti di quelli dei comuni colpiti hanno infatti già dato avvio a lavori di somma urgenza, che porteranno allo sforamento dei vincoli del Patto di Stabilità. Era stato lo stesso presidente Enrico Rossi a sollecitarle, ma ora sollevano un velo di preoccupazione fra gli amministratori locali, come quello di San Miniato: “Ho 150 persone a lavoro e nessun foglio firmato”.
Due le rassicurazioni che arrivano. Quella dell’assessore Bugli: “Il lavoro da fare oggi è quello di lavorare insieme affinché da un lato i lavori di somma urgenza non facciano saltare i bilanci di nessuno, dall’altro affinché superata questa fase di emergenza si comincino a mettere le basi per interventi più stutturali”. L’altra rassicurazione è quella di Gabrielli, che ricorda come il primo compito dei sindaci sia la salvaguardia dell’incolumità dei propri cittadini. E come questi interventi siano necessari ad essa.
La conta dei danni e i fondi stanziati
Dal 2006 ad oggi la regione Toscana ha stanziato oltre 1 miliardo di euro per far fronte a situazioni emergenziali. Circa 150 i milioni spesi in poco più di 2 anni.
Per gli ultimi danni provocati in tutta la regione il computo degli stanziamenti è di 170 milioni: 120 per le opere di somma urgenza, 40 per i danni a famiglie e aziende.
Nel prossimo consiglio regionale di mercoledì – ha annunciato Bugli – “stanzieremo 3 milioni di euro destinati al ristoro sociale (fino a 5 mila euro a famiglia)”.
Preosegue il censimento dei danni da parte della Provincia, stimati intorno ai 19 milioni: “Fra i 5 e i 6 dei quali- dice Pieroni – di competenza della Provincia” . Un censimento in vista delle richieste di finanziamento che l’ente avanzerà a Stato e Regione per le somme urgenze. In fase di progettazione, ha annunciato Pieroni, interventi sullo scolmatore per aumentarne la capacità di portata, che richiederanno un investimento di circa 50 milioni di euro.
Vuote sono invece le casse dei comuni. O meglio chiuse a causa di un Patto di Stabilità di cui a gran voce si chiede l’allentamento per eseguire lavori strutturali di messa in sicurezza del territorio. Come a Pisa, dove sottolinea Ghezzi “il Comune non ha capacità di spesa”. Una richiesta, quella di allentamento del Patto, che incontra il favore di Gabrielli, che però nulla può in questa direzione.
Di certo a emergere oggi è la necessità incombente di chiudere la stagione di interventi di emergenza e di pensare a un quadro organico e coordinato di interventi e monitoraggi (come quello degli argini) di opere strutturali e di manutenzione ordinaria. È da qui che si leva una nota di rammarico: “La Protezione Civile non si occupa di prevenzione strutturale – dice Gabrielli – Non sto certo sostenendo che si debba tornare alla stagione di gestione di appalti e di grandi eventi, ma il fatto di non avere titolarità sulla messa in sicurezza strutturale la trovo un’assurdità. Spesso in queste situazioni ci troviamo a mettere toppe, su cui poi si dovrà ri-intervenire con costi non indifferenti. Mentre con pochi fondi in più si potrebbe intervenire appunto con lavori strutturali e di maggior durata”.
Due i punti di forza che meritano di essere evidenziati.
Il primo è quello relativo alla gestione dell’emergenza da parte della Provincia, dei Sindaci, dei Vigili del Fuoco, delle Forze e Corpi di Polizia, delle Forze Armate e, in particolare, di tutto il sistema di Protezione Civile, con il coinvolgimento delle Istituzioni, delle Amministrazioni, degli Enti e delle Aziende componenti del Centro di Coordinamento Soccorsi, attivato la notte del 31 gennaio scorso.
L’altro punto di forza – ha evidenziato Tagliente – è il ruolo svolto da alcuni Sindaci dei Comuni colpiti dalla piena dei fiumi, per l’immediato intervento operativo e la tempestiva assistenza fornita alle famiglie costrette ad evacuare, nonché per aver avviato i lavori di rispristino degli argini nella stessa giornata in cui si sono rotti.
Le criticità
La prima problematica riguarda la scarsa o assente manutenzione dei fiumi e dei fossi. I fenomeni alluvionali hanno messo in evidenza la fragilità di alcuni sistemi fluviali, con veri e propri collassi delle strutture arginali, dando luogo ad esondazioni di intere aree, con impatti rilevanti sulle comunità.
Le problematiche che hanno influenzato negativamente la stabilità degli argini possono essere riconducibili ad attività improprie dell’uomo, a scavi di animali (nutrie o roditori in genere) o all’azione delle radici degli alberi. Ai fini della prevenzione dei fenomeni di esondazione è, pertanto, importante conoscere potenziali instabilità degli argini, monitorando le condizioni dei fiumi per consentire la manutenzione ordinaria e i lavori straordinari. Il materiale abbandonato sulle sponde dei fiumi (come ad esempio tronchi di albero), durante la fase di piena si accumula in corrispondenza delle pile dei ponti, riducendo la luce netta e favorendo l’ostruzione. Tale materiale può, inoltre, arrivare a danneggiare le strutture, seguendo la velocità dell’acqua.
Altra esigenza da segnalare – ha proseguito il Prefetto – è quella relativa alla necessità di far rialzare gli argini lungo alcuni tratti dei fiumi, mentre l’alveo dei fiumi e dei fossi non risulta “dragato”, anche per motivi legati alla classificazione del materiale raccolto.
Un’altra criticità molto seria, più volte segnalata, è la situazione di paralisi in cui si trova, da almeno 10 anni, l’attività di escavazione dei sedimenti depositati negli alvei dei canali di bonifica, di fondamentale importanza per preservare la funzionalità del sistema idraulico di pianura e la relativa sicurezza.
Per la tutela dell’incolumità della popolazione pisana – ha concluso Tagliente – è inoltre importante progettare nuovi sistemi, da montare sulle spallette dell’Arno, nei tratti cittadini.
Nei casi di piena del fiume non sembrano infatti più sufficienti i “panconcelli”, vecchi, lenti da montare e, peraltro, con un’attività non più rispondente alle attuali norme di sicurezza, per i militari chiamati a montarli.
Durante l’emergenza, infatti, i Vigili del Fuoco hanno provveduto all’imbracatura dei soldati, garantendone la sicurezza nel corso delle operazioni di approntamento della paratie.