Al FabLab si crea, si distrugge, si trasforma ma soprattutto si progetta. Dentro il Centro Piaggio del Dipartimento di Ingegneria si fa prototipazione per la ricerca e ricerca per la prototipazione, in uno scambio avviato un anno e mezzo fa che ha già dato i suoi frutti.
Della storia di questo luogo che è anche un’associazione e un progetto, ce ne parla Carmelo Di Maria, assegnista di ricerca esperto in stampanti 3D, una delle circa 10 persone che hanno cominciato questa avventura e la stanno portando avanti.
“L’idea ci è venuta un anno e mezzo fa – racconta – nel più classico dei modi: un gruppo di amici uniti da una passione comune che cerca di mettere in piedi una struttura libera, aperta, in grado di unire ricerca, incubazione di idee, creazione di oggetti e spazio di aggregazione sociale”.
Da allora, grazie all’appoggio ottenuto sin da subito dal Centro Piaggio, un centro di eccellenza di ateneo slegato dai dipartimenti, il FabLab ha cominciato a raccogliere sfide e idee. A partire dall’esperienza già avviata del LeaningLab, “un sito che funziona da piattaforma, dove ognuno può chiedere agli altri un aiuto nella realizzazione di un prototipo. L’idea alla base dei LeavingLab, che a Pisa abbiamo ribattezzato giocando con il carattere pendente della città, è quella di fornire, oltre a soluzioni tecnologiche, anche adeguati compensi a chi le produce. Funziona con un algoritmo infatti, che al termine del progetto fornisce una tracking intellettuale del lavoro, attribuendo a ciascun ricercatore le ricompense proporzionate al proprio lavoro”.
FabLab è diventato quindi una sorta di “braccio armato” del sito, dice Carmelo, “dove poter realizzare concretamente i tanti progetti sottoposti alla nostra attenzione”. Grazie anche alla presenza di più stampanti 3D e del contesto multidisciplinare del Centro Piaggio, ecco che il laboratorio è diventato davvero aperto: “Chiunque può venire qui, dirci la sua idea e chiederci di aiutarlo a realizzarla”.
Un metodo che già svela tutto il suo potenziale, ma anche la sua delicatezza: “Il fatto di essere all’interno dell’Università ci rende degni di fiducia verso chi si rivolge a noi, specie le aziende che tengono molto alla propria idea e non vorrebbero certo farsela rubare prima di avere in mano il prototipo”.
E così ecco che sono passati dal FabLab stilisti, medici, architetti. Lucia Carrano ad esempio è una stilista che ha voluto inserire dei fili elettroluminescenti all’interno dei suoi abiti. Lo ha potuto fare con l’aiuto del FabLab e proprio su questo progetto ha vinto anche un premio. Oppure c’è il progetto portato in Kenya per la realizzazione di strumenti elettromedicali a basso costo, e ancora, la collaborazione con il team di “Face”(Facial Automation for Conveying Emotions) , che si occupa di bioingegneria e che sta mettendo a punto un robot umanoide in grado di mimare alcune espressioni facciali come il sorriso. FabLab dovrà occuparsi di realizzare il corpo del robot.
E ancora, è tuttora al lavoro il gruppo che opera su #Some, Social emotional device, un progetto che sta per diventare start up e che vi invitiamo a scoprire qui.
Quale prospettiva ha un laboratorio del genere? “Il FabLab nella sua fase matura e compiuta diventa una fucina di talenti”, risponde Carmelo, “a Monaco ad esempio, come in altre parti del mondo, il laboratorio riceve il supporto del Comune, che lo sostiene non solo per le attività pratiche ma anche per quelle didattiche. Infatti ci sono due operatori che girano per le scuole facendo formazione e dando gli strumenti, in questo modo, ai ragazzi per avvicinarsi al laboratorio sapendo già alcune nozioni fondamentali. Il FabLab viene visto quindi anche come uno spazio di aggregazione e formazione importante, dove si possono mettere a frutto le proprie competenze e magari trovare anche lavoro”.
E anche a Pisa lo spirito di chi anima il FabLab è analogo: “Crescere e diventare un punto di riferimento per il territorio. Per questo abbiamo in programma anche dei corsi di formazione per tutti, che lanceremo nei prossimi mesi”.