Cari lettori,
a grande richiesta (!!!), dopo aver parlato, la scorsa settimana, dei casi in cui il diritto “costa caro”, in questo nuovo appuntamento di InQuadriamo il diritto vedremo, invece, quali sono i casi in cui il diritto è … gratuito!
Prima di iniziare, urge una precisazione terminologica. Sebbene nel linguaggio comune si parli spesso di “gratuito patrocinio”, e sebbene anche il nostro legislatore, talvolta, abbia usato questa terminologia, in realtà l’espressione è inesatta perché si dovrebbe più correttamente parlare di “patrocinio a spese dello Stato” dato che, nei casi che vedremo tra un attimo, il patrocinio (ossia l’assistenza legale) è gratuito per il cliente (di qui l’espressione “gratuito patrocinio”) poiché la parcella dell’avvocato viene pagata dallo Stato (di qui l’espressione, tecnicamente corretta, di “patrocinio a spese dello Stato”).
Vediamo, allora, quali sono i requisiti che devono avere gli avvocati per poter esercitare il patrocinio a spese dello Stato, e quali sono i requisiti che devono avere i clienti per poter accedere a questo particolare tipo di assistenza legale.
Per quanto riguarda gli avvocati, questi devono essere in possesso di determinate caratteristiche che diano garanzia di un adeguato livello di competenza e professionalità, e devono essere iscritti nelle apposite liste tenute presso i Consigli dell’Ordine degli Avvocati (presso ogni Consiglio dell’Ordine esistono sei liste, una per i giudizi penali, una per i giudizi civili, una per quelli di diritto amministrativo, una per quelli di natura contabile, una per quelli di natura tributaria ed una, infine, per le cause di volontaria giurisdizione). All’interno di queste liste, il cliente è libero di scegliere l’avvocato al quale rivolgersi.
Per quanto riguarda, invece, il cliente, questi potrà essere ammesso al “gratuito patrocinio” solo se il suo reddito annuo imponibile (ossia quello che risulta dall’ultima dichiarazione dei redditi) non sia superiore a 10.766,33 euro. Attenzione: all’interno di questo limite devono essere conteggiati anche tutti i redditi dei familiari conviventi, gli eventuali assegni di mantenimento o alimentari e, in generale, tutti i redditi del richiedente, anche se esenti da imposta. Il richiedente deve, inoltre, dimostrare che la propria pretesa è fondata, e che non è semplicemente dilatoria o palesemente ingiustificata. Prima ancora di iniziare, quindi, il richiedente deve indicare quale diritto intende far valere, quali sono le ragioni poste a sostegno di tale richiesta e quali sono le prove che verranno portate in giudizio. Presso ogni Consiglio dell’Ordine degli Avvocati sono a disposizione dei cittadini i moduli da compilare per chiedere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
E’ importante sapere che il patrocinio a spese dello Stato è ammesso solo quando una parte debba agire o debba difendersi in giudizio. Ciò significa che, per quanto riguarda tutta la fase stragiudiziale che spesso precede (e talvolta, per fortuna, evita) l’instaurazione di un giudizio, il cliente non potrà avvalersi del “gratuito patrocinio” e dovrà, quindi, regolarmente retribuire il legale che lo assiste. Pensate, ad esempio, al caso in cui Caio, per tentare di risolvere una lite insorta con Tizio, suo vicino di casa, si rivolga ad un avvocato e, tramite quest’ultimo, intavoli una lunghissima trattativa con Tizio (o con il legale di Tizio), fatta di incontri, lettere raccomandate e quant’altro. Se la trattativa va a buon fine, Caio non potrà chiedere di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato e dovrà, quindi, provvedere a pagare “di tasca sua” la parcella del suo avvocato. Se, invece, la trattativa non va a buon fine e Caio, esasperato, decide di citare Tizio davanti al Tribunale, allora, e solo allora, Caio potrà chiedere di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Tutto ciò assume, peraltro, un risvolto quasi paradossale, dato che in questo modo Caio difficilmente sarà incentivato a trovare un accordo bonario con Tizio (visto che, in caso di accordo stragiudiziale, Caio sarà comunque tenuto a pagare il suo avvocato), e preferirà senz’altro andare in giudizio, per ottenere l’ammissione al “gratuito patrocinio” e per non dover pagare “di tasca sua” l’avvocato.
Una volta ottenuto il provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il cliente non sarà tenuto a sostenere alcuna spesa: non dovrà pagare contributo unificato, marche da bollo, notifiche o altro, perché il procedimento sarà completamente “gratuito”, ossia esente da qualsiasi spesa o onere. Il cliente non sarà, inoltre, tenuto a pagare la parcella del suo avvocato (anzi, commette illecito disciplinare l’avvocato che si fa pagare da un cliente per un giudizio nel quale questi ha ottenuto l’ammissione al “gratuito patrocinio”), che sarà pagata (sia pure un forma molto ridotta rispetto ad una parcella “normale”) dallo Stato.
Vi aspetto alla prossima!
Francesca Bonaccorsi