di Giovanni A. Cignoni
A chi bazzica i calcolatori, per lavoro o per diletto, sarà capitato prima o poi di ricevere un file che, per colpa di formato, di supporto o di piattaforma, non si legge bene. E giù maledizioni agli informatici e ai loro paradossali standard incompatibili.
In realtà più che dei tecnici, la responsabilità è delle politiche commerciali. L’incompatibilità dei formati è un classico stratagemma per imprigionare il mercato: carissimi clienti, perché volete creare problemi a voi e ai vostri collaboratori? Adottate e fate adottare sempre e solo i nostri prodotti e acquistate tempestivamente ogni nuova versione.
I primi calcolatori moderni, elettronici e digitali, arrivano alla fine degli anni ’40. Parlano il più semplice dei linguaggi possibili, quello fatto di due soli simboli, meno non si può perché i bit si devono poter distinguere l’uno dall’altro. Acceso e spento, vero e falso o anche uno e zero, vedeteli come preferite, due sono e una soluzione così minimale dovrebbe ridurre a zero o quasi i problemi. Eppure…
Fra le interpretazioni dei valori di un bit c’è anche buco e non buco. E, ovviamente, i primi calcolatori si dividono subito fra chi buca le schede e chi buca i nastrini. Le schede perforate vengono da una lunga tradizione di macchine tabulatrici che, anche senza essere veri calcolatori, elaborano dati con successo sin dal censimento degli Stati Uniti del 1890. I nastrini perforati da un’altrettanto consolidato contesto: quello dei servizi telegrafici che, con le telescriventi di Murray, avevano cominciato a trasmettere bucando sin dai primi del 1900. Si affermano anche tendenze geografiche: i calcolatori americani propendono per le schede, gli inglesi preferiscono i nastrini. Ovunque son subito guerre di formato. Le schede sono quasi sempre a 80 colonne, ma gli angoli possono essere tondi o quadrati. I nastrini prima sono a 5 buchi, secondo gli standard telegrafici.diventano a 6, infine a 7.
Poi Olivetti sorprende tutti e nel 1959 annuncia la rivoluzione dei nastrini a buchi quadri. L’incompatibilità è ben costruita e offre un’appetibile motivazione: i buchi quadri (rettangolari per la precisione) permettono di raggiungere velocità di lettura dei nastrini più alte. I lettori a buchi quadri saranno la periferica più caratteristica dei primi sistemi commerciali Olivetti, sia calcolatori come l’Elea 9003 del 1959 e l’Elea 6001 del 1960, sia macchine per la contabilità come la Mercator 5000 del 1960.
E gli utenti come accolsero i bit quadri?
Gli Olandesi per gestire il sistema governativo degli aiuti sociali usavano un ICL 1904, un calcolatore di produzione inglese installato a Sloterdijk, alla periferia di Amsterdam. Gli uffici postali che erogavano pensioni e sussidi usavano invece macchine contabili Olivetti, che registravano i dati su nastrino. A Sloterdijk nastrini in arrivo erano designati Square Holes In Tape. L’acronimo descrive bene l’eterno disappunto degli utenti di fronte alle guerre di formato.
Fig. 0.1 I nastrini Olivetti, da “Anche in Italia il futuro è già cominciato”, Epoca n. 473, 1959.
Fig. 1. La console e il lettore di nastro dell’Elea 6001 alla 23esima Fiera di Milano, 1960.
Fig. 2. La console e il lettore di nastro dell’Elea 6001 al Museo degli Strumenti per il Calcolo.
Fig. 3 Dettaglio della testina fotoelettrica del lettore al Museo.