Risultati positivi per la Camera di Commercio nel 2013. Nonostante un calo del 3% del gettito da Diritto annuale, sono aumentati del 9% gli interventi economici, che hanno raggiunto i 6 milioni di euro, il 9% in più rispetto al 2013, e sono andati a finanziare principalmente l’accesso al credito e l’internazionalizzazione delle piccole imprese.
A giocare a favore di questo bilancio il contenimento dei costi del personale, la riduzione dei costi di funzionamento e una gestione attenta del patrimonio.
La filosofia insomma, come hanno spiegato il presidente Pierfrancesco Pacini e il segretario generale Cristina Martelli, è quella del “fare di più e meglio, con costi minori”. E in questo quadro rientra anche la fusione delle due aziende della Camera, PAI (Pisa Ambiente e Innovazione) e ASSEFI, completata nel corso del 2013.
Gli interventi economici: 2 milioni e 858 mila euro sono stati destinati per favorire l’accesso al credito: a beneficiarne oltre 500 imprese per l’abbattimento degli interessi garantiti da Confidi, per il microcredito e per gli investimenti a costo perduto (1,5 milioni di euro le risorse destinate a questa voce).
Circa 2 milioni di euro (500 mila euro in più del 2014) sono andati all’internazionalizzazione e alla promozione turistico commerciale.
Più di 300 gli imprenditori a cui ASSEFI ha erogato formazione e circa mille le persone interessate ad avviare un’impresa che hanno ricevuto assistenza. A cui si aggiungono centinaia di studenti coinvolti nei percorsi di alternanza scuola-lavoro.
Positivo il bilancio dell’attività della Camera di Commercio di Pisa dal 2009 al 2013. Gli interventi economici sono aumentati del 57%, mentre sono scesi il costo del personale (-7%) e i costi di funzionamento (-42%).
Sullo sfondo l’ipotesi di riforma delle Camere. Un’ipotesi non osteggiata ma che, nelle proposte avanzate di recente, lascia perplessi non solo il presidente e il segretario generale di Pisa. A preoccupare sono le recenti dichiarazioni del Governo e del Presidente del Consiglio di un eliminazione dell’obbligo per le imprese di iscrizione alle Camere di Commercio. Un’iscrizione, tengono a precisare “non obbligatoria”, laddove invece ad essere obbligatorio è il diritto annuale che le imprese pagano alla Camera di Commercio e che rappresenta il 70% delle entrate (a Pisa la media del tributo è di 200 euro a impresa).
Se questo dovesse venir meno, spiega Pierfrancesco Pacini “a saltare sarebbero i servizi e l’assistenza alle imprese”. Così come se saltasse l’obbligo di iscrizione al Registro delle Imprese a determinarsi sarebbe “un arretramento in termini di trasparenza e di garanzia. Salterebbe un sistema di controllo negli scambi commerciali”, la possibilità di verificare pubblicamente la salute e la composizione di una società.
Nel paniere delle ipotesi di riforma c’è anche una riduzione del numero delle Camere di Commercio. Il vero discrimine, prosegue Pacini, sta nel modo in cui questa riduzione si attua: “Non la dimensione deve essere il criterio, bensì il virtuosismo dell’ente”. Dove il virtuosismo si traduce in un bilancio positivo che non necessita di sostegni economici a livello nazionale che vadano a pesare sulle Camere in “salute”.
Ad entrare con più dettagli nel merito di una possibile riforma è il Vice Presidente nazionale e provinciale CNA Andrea Di Benedetto. Il numero dice “non deve ricalcare la divisione territoriale ma essere piuttosto calibrata su distretti economici in base alle esigenze territoriali”.
A esprimersi contro una cancellazione delle Camere di Commercio (perché questo di fatto significherebbe, spiega Di Benedetto, “l’eliminazione del diritto annuale obbligatorio”) con voce pressoché unanime sono le associazioni di categoria: da Confcommercio all’ordine dei commercialisti e degli esperti contabili di Pisa, alla Confesercenti, passando per Coldiretti e per l’AEMA.