di Giuliano Fontani
Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha lanciato la sua proposta: un disegno di legge per contrastare la violenza negli stadi che prevede il cosiddetto “daspo di gruppo”. In pratica l’idea è quella di estendere il provvedimento di divieto a presenziare agli eventi sportivi non solo a coloro che si rendono responsabili di episodi di intolleranza e di inciviltà sulle tribune, ma anche a tutti coloro che fanno parte dello stesso gruppo. Insomma: un responsabile? Mille “daspati”.
La demagogia e il populismo perbenista arano il terreno del consenso politico anche a costo di fare strame delle libertà costituzionali e dei più elementari criteri di giustizia e di democrazia. Qui non si tratta affatto di difendere i criminali grandi e piccoli che intristiscono e avvelenano le nostre domeniche, ma di evitare di mischiare i colpevoli con gli innocenti, di separare la farina dalla pula, come si sarebbe detto un tempo.
Il daspo di gruppo è manna che cade dal cielo per chi non accetta neppure le regole minime della convivenza civile e alimenta – stavolta con molte ragioni – chi grida al disegno liberticida che pretenderebbe di far svolgere le partite in stadi vuoti, al solo vantaggio dei colossi televisivi che ben conosciamo. Si vuole radere al suolo il tifo organizzato perché neppure il sottoscritto, che aderisce da sempre al club dell’ultra pacifico Radioscalino, se la sentirebbe di dover condividere le proprie responsabilità da un eventuale scellerato che lancia un sasso, una monetina o grida uno slogan razzista. No, non ci sto.
La legge estenderebbe la responsabilità oggettiva, stravolgendo il dettato giuridico, sacro, che vuole la responsabilità penale esclusivamente soggettiva
In passato, sull’onda di fatti emotivi particolarmente gravi, si è fatto ricorso a leggi emergenzialii che non hanno prodotto alcun beneficio. Molti giuristi s’interrogano sui guasti prodotti dalla responsabilità oggettiva estesa alle società di calcio, lasciate in balìa dei veri criminali che le hanno ricattate a piene mani. Qualche anno fa il presidente del Brescia Corioni denunciò a chiare lettere quello che avveniva al Monpiano: la banda di ultrà alla quale era stata negata la vendita dei gadget si vendicava facendo multare pesantemente il club a ogni gara compiendo atti di teppismo.
Con buona pace di Alfano e dei corifei che gli tengono mano bisognerebbe partire proprio da qui per fare qualcosa di utile. Si è mai provato a spezzare sul serio la catena di interessi che lega le società di calcio ai club dei tifo violento? È vero che due rappresentati del Milan club I Guerrieri, – Giancarlo Capelli detto il Barone e Giancarlo Lombardi, detto Sandokan, hanno costretto Berlusconi a regalargli cinquemila biglietti, a renderli partecipi delle vendite dei gadgets rossoneri? È che il vice presidente Galliani è costretto a vivere 24 ore al giorno sotto scorta della Polizia di Stato, per le minacce degli ultrà che solitamente lo invitano alle loro feste?
Un caso, solo uno dei tanti. Anche a Pisa, tanti anni fa, il Presidentissimo nerazzurro fu costretto a pagare il premio-promozione a due dei capi storici degli ultras di quel periodo. Perché lo fece? Altro che daspo di gruppo, qui si tratta di rompere le liasons dangereuses delle società con i violenti, che sono pochi e conosciuti e qualche volta anche utilizzati per minacciare, intimidire, picchiare, e..