Nel 71mo anniversario del bombardamento USA su Pisa del 31 Agosto 1943, anche l’Associazione degli Amici di Pisa partecipa alle commemorazioni cittadine. Riceviamo e pubblichiamo l’intervento del presidente dell’associazione Franco Ferraro
Pur essendo passati 71 anni dal 1943 il Comune di Pisa, prosegue giustamente nella meritoria organizzazione di cerimonie civili e religiose legate a quel tragico evento che cambiò la Storia Pisana, la Vita e la quotidianità dei suoi abitanti, l’urbanistica, le industrie di un’intera città che venne travolta dal lato militare e politico della Storia umana del XX secolo.
Come noto in quei giorni il Regno d’Italia del Primo Ministro Pietro Badoglio pur essendo in confuse trattative di resa con gli Angloamericani, si attardava – incapace e impaurito nel rompere il precedente Patto d’Acciaio con Germania e Giappone – nella sottoscrizione di un armistizio definito “corto”, cui seguirà un ben più pesante “armistizio lungo” che finirà per mettere in serie difficoltà politiche e militari la Corona, finora ignara del “supplemento” e a quel momento a lei sconosciuto.
Pisa era nel 1943 – a differenza di oggi- un grande centro di produzione industriale convertito alla causa bellica, soprattutto nell’area di Porta a Mare. La sua collocazione geografica la rendeva – come oggi del resto, ma assai sottopotenziate – un centro infrastrutturale di grande rilevanza strategica e militare, un potente centro di produzione e smistamento merci e passeggeri nord-sud dello stivale belligerante. Caratteristiche che, in ambito militare, rappresentavano per gli Anglo-Americani un pericolo da superare ad ogni costo e con la dovuta forza necessaria per proseguire la Campagna d’Italia.
Lo fecero con la consueta metodica di studio di base e di preparazione: l’opposto della filosofia approssimativa e superficiale tenuta dell’Italia fin dal 10 Giugno 1940. Il 31 Agosto 1943, dalle coste di quell’Africa che non era più da tempo un “suol d’amore”, staccarono dal suolo 152 aerei quadrimotori tra Fortezze Volanti B-17 e Liberator B-24 che, giunti sul cielo di Pisa, dopo pochi passaggi di ricognizione, scaricarono a turno ad una quota di volo ben oltre quella raggiungibile della miserevole contraerea – pisanamente definita “i bùanuvole” – su un’area definita a tavolino come “area bombing” ovvero la zona sud di Pisa dalla Stazione Centrale e Porta a Mare, centinaia di tonnellate di bombe da 150 kg l’una, molte di queste di bombe a grappolo, cioè legate tra loro.
La precisione di sganciamento fu tutt’altro rispetto a quella progettata a tavolino – le bombe arrivarono anche sui Lungarni a sud – ma l’obiettivo era stato comunque centrato. Un successo militare tale che sarebbe stato impossibile per l’Asse (o quel che ne restava), contare su Pisa per la produzione e lo smistamento di materiale bellico. Fu cancellata dalle mappe militari nel giro di sette minuti, dalle 13:01 alle 13:08 e, come ha ricordato il Sindaco di Pisa Marco Filippeschi, un quarto di Pisa. Che senza quella Guerra, avrebbe potuto essere certamente più bella, grande e forte.
La Storia Pisana annota dai documenti della Regia Prefettura a seguito di quel bombardamento, solo 952 morti: un conteggio omissorio e scarso teso a imbonire la popolazione che avrebbe potuto indirizzare la propria rabbia per l’immane strage contro il Governo italiano, in quel momento di Pietro Badoglio. Pisa e i Pisani caduti, perderanno in quel 31 Agosto 1943 in un sol colpo il loro futuro basato sulla propria presenza fisica, sulla forza di passato-presente: altri faranno al posto loro nella ricostruzione. Ma non loro, quei Caduti. Il come e il quando vedrà la luce con altre idee e ideologie a volte strumentalizzando proprio i caduti, le tragedie familiari, a volte con profonda partecipazione e commozione.
Pisa perderà i suoi eclettici crismi di città medievale, come rilevato dal Sindaco Marco Filippeschi: dell’architettura e dei beni monumentali, delle chiese e dei palazzi storici, dell’economia.
Per tutta questa serie di considerazioni, l’ “Associazione degli Amici di Pisa”, costituita nel periodo di ricostruzione post bellica di una Pisa che peggiorava le sue forme e le sue peculiarità, ha partecipato alle cerimonie indette dal Comune di Pisa e dalla Curia Pisana. In particolare, un mazzo di fiori è stato posato nel Sacello dei Caduti del 31 Agosto 1943 e custodito nella Chiesa di San Giovanni al Gatano, tradizionale luogo di ricordo religioso del tragico evento, proprio accanto alla Corona d’Alloro del Comune di Pisa.
Franco Ferraro
Presidente dell’Associazione Amici di Pisa