“Lasciamo lavorare chi di dovere”. La cooperativa Flu, che gestisce Argini e Margini e Arno Vivo, si trincera dietro un no comment dopo la bufera che nel fine settimana ha portato i due locali alla ribalta della cronaca. Sabato il Tirreno ha pubblicato la notizia del sequestro dei due sistemi di scarico delle acque avvenuti rispettivamente il 12 ed il 26 settembre. A emettere il provvedimento il Corpo Forestale dello Stato, che ha riscontrato come le cisterne disperdessero il loro contenuto direttamente a terra. Cisterne che secondo i gestori dei due locali contenevano “acque chiare” e non liquami inquinanti. Non è dello stesso avviso la Forestale, che parla di “rifiuti costituiti da acque reflue provenienti dalla cucina che producono fanghi maleodoranti una volta smaltite”.
Starà la magistratura stabilire se il sistema messo a punto per lo smaltimento era legale o meno.
Ad allertare gli uomini della Forestale una serie di segnalazioni anonime che denunciavano presunte irregolarità nella gestione degli scarichi. Segnalazioni che avevano portato ai controlli effettuati nell’estate del 2013 nel corso dei quali tutto era risultato regolare.
Quest’anno però il Nucleo investigativo ha voluto vederci chiaro ed ha controllato i verbali degli svuotamenti della cisterna da 1 metro cubo (1000 litri di acqua di capacità) che raccoglie le acque reflue. Di fronte a un numero troppo esiguo di svuotamenti – che devono essere effettuati periodicamente e segnati ogni volta in un apposito registro – sono proseguite le indagini, che nel giorno dello smontaggio delle strutture hanno portato al rinvenimento di una seconda cisterna, collegata alla prima e forata, in entrambe le spiaggette. Fori che facevano sì che le acque finissero direttamente nel terreno.
Secondo il regolamento comunale, Arno Vivo e Argini e Margini possono svolgere le loro attività a patto che non scarichino liquami in Arno. Da qui l’installazione di una cisterna sotterrata, nella quale finiscono le acque di scarico della cucina (oli esausti e liquami dei bagni chimici vengono ritirati a parte). La Forestale ha però scoperto un secondo deposito, che cominciava a riempirsi quando il primo era pieno e che si liberava a terra.
Nel giorno successivo alla pubblicazione della notizia, sulla vicenda è intervenuto Daniele Cicalò, presidente dell’associazione “Per l’Arno di Pisa”. “Dal 2004 con la nostra associazione ci siamo battuti per un uso delle sponde dell’Arno a fini ricreativi” dichiarava domenica Cicalò al Tirreno. Secondo lui fu “l’antesignana della cooperativa Flu a chiederci di collaborare” una volta ottenuta “la concessione per Lungarno Buozzi”. In seguito però fra le due realtà emersero attriti al punto che oggi l’uomo cita proprio “la documentazione relativa allo smaltimento delle acque reflue” quale elemento che avrebbe portato alla sua “estromissione” dal progetto spiaggette. Parlando con paginaQ Cicalò ammette di essere a conoscenza da tempo del metodo di gestione delle acque di scarico: “già nel 2009 ho riscontrato un comportamento illegale da parte di chi doveva occuparsi della gestione degli scarichi ma non ho ritenuto opportuno denunciare la cosa”.