Un amore che si snoda lungo 34 anni quello di Tullio Pericoli per la grafica, fatto di un segno che sa essere insieme semplice e raffinato, complesso ed estremamente sintetico ma sempre capace di raccontare. Di raccontare paesaggi, personaggi, sogni, soggetti operistici: un universo in cui la narrazione si arricchisce del continuo rimando alla fantasia.
A fornire l’occasione di immergesi nel mondo di Tullio Pericoli, Una storia di segni che oggi si inaugura al Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi e resterà aperta fino al 15 marzo. Una mostra che per la prima volta raccoglie insieme il corpus delle incisioni del maestro marchigiano, tutte provenienti dalla sua raccolta personale.
Pericoli torna a Pisa con oltre cento opere dopo le 12 della mostra Nature (sempre a Palazzo Lanfranchi) in cui per la prima volta le sue opere furono esposte con uno studio approfondito. “Dopo tutto questo tempo – ha commentato il direttore scientifico del Museo della Grafica Alessandro Tosi – resta intatta la meraviglia, l’incanto e l’entusiasmo per la sua opera”.
Una mostra realizzata in collaborazione con la Galleria Ceribelli di Bergamo che nel raccontare il Tullio Pericoli incisore porta “a Pisa e a questo museo un grande prestigio” ha detto l‘assessore alla cultura Dario Danti.
Ad aprire il percorso della mostra, che intreccia ordine cronologico e tematico, la prima incisione realizzata nel 1980: Torre“. “Non avrei mai pensato – ha commentato Tullio Pericoli – che da quella prima incisione nascesse un percorso. Così come del resto non pensavo sarebbe nato da quei paesaggi che poi sono andati a comporre il libro pubblicato da Adelphi”.
L’amore di Pericoli per l’incisione nasce da lontano, dal ‘600 potremmo dire: “Per imparare a disegnare lo studio più importante per me è stato quello delle acqueforti di Rembrandt. La sua è stata una lezione assoluta e da lì è nato il mio interesse per l’incisione, che non mi ha mai abbandonato. Man mano che nella mia attività cambiavo percorso (dai paesaggi, ai ritratti ai vasi cornucopie, ndr), quello dell’incisione è sempre rimasto presente e ha affiancato gli altri lavori”.
Percorsi che si intrecciano, come mostrano le incisioni dedicate ai paesaggi esposti a Palazzo Lanfranchi. “Non mi definisco un paesaggista – ha spiegato Tullio Pericoli – per questo non rappresento un paesaggio in particolare anche se, come accade nella lingua parlata, resta l’impronta di quello marchigiano. Ciò che mi interessa è il senso generale del paesaggio”. Paesaggi che come scrive Salvatore Settis nel catalogo edito da Lubrina “ci ricordano chi siamo e chi siamo stati, ci invitano a riflettere su chi vogliamo essere”.
In mostra anche i ritratti, di letterati, che Pericoli sceglie prima di tutto “per la faccia” e poi certo anche per l’opera.
Come il ritratto di Samuel Beckett, sopra cui campeggia nell’allestimento una frase di Tullio Pericoli e che rende il senso di una continuità fra i temi e di quel “senso generale” a cui è interessato quando parla di paesaggio.
“Quella di Beckett è una faccia-paesaggio, in cui si esprime prepotentemente l’anima. Un paesaggio mappa verso il quale ci si può spingere per avventure, le più invitanti e terribili”.
Accanto a Beckett, Robert Louis Stevenson, Virginia Woolf, Franz Kafka, Italo Calvino, Eugenio Montale, Carlo Emilio Gadda. E a chiudere la mostre le incisioni dedicate all’opera L’Elisir d’Amore di Donizetti, per cui nel 1995 Pericoli firma scenografie e costumi per l’allestimento di Zurigo e per il nuovo allestimento della Scala di Milano del 1998: da quell’esperienza nascono queste incisioni in mostra.
Un percorso dentro la fantasia quello che si snoda a Palazzo Lanfranchi, attraverso il segno, il mondo e le matite di Tullio Pericoli.