È il più importante sito italiano a tema lgbt, il più longevo con i suoi quasi 20 anni di vita, ma in pochi sanno che il cuore pulsante di questo giornale online è a Pisa. E ne siamo orgogliosi
È il media di una comunità ma lo leggono tutti, sa essere serio e faceto, commovente o frivolo, glitterato o inamidato a seconda del tema e delle occasioni.
Gay.it, un must nel panorama dell’informazione italiana generalista, che parla principalmente al mondo lgbt ma riesce a comunicare con tutti.
In pochi sanno che il cuore pulsante di questo giornale online è a Pisa, dove è nato e cresciuto.
Così siamo andati a trovare una parte della reazione di Gay.it, che ha sede a Ospedaletto. E abbiamo parlato di questa straordinaria esperienza con Caterina Coppola, direttore dei contenuti.
Cominciamo dall’inizio. Quando è nato Gay.it e che c’entra Pisa?
Il sito è nato nel 1997 e cosa c’entri Pisa è semplice: i fondatori del sito, Alessio De Giorgi e Cristian Panicucci, vivevano a Pisa quando ebbero l’idea di creare il primo medium online rivolto alla comunità lgbtq. Io sono arrivata nel 2007, negli anni molte persone si sono avvicendate e molte cose sono cambiate. Da un anno a questa parte il network è gestito da una società di comunicazione che si chiama Com.ma, una start up che ha creduto e rilanciato il progetto. Parlo di network perché il nostro non è solo un sito di news, ma è stata ed è la prima community online per persone Lgbtq che si chiama Me2, poi ci sono la chat, il forum e la guida ai luoghi.
Come viene finanziato il sito? Lo abbiamo chiesto a Daniele Iannaccone, ad di Com.ma – community marketing, l’agenzia di comunicazione di Gay.it.
La pubblicità è il primo vettore. Lavoriamo con brand importanti che scelgono il nostro canale per due motivi: i nostri utenti si avvicinano molto ai loro clienti ideali, per scelte di consumo e prodotti. E l’altro motivo è che molte aziende hanno compreso che essere friendly consente una nuova e buona visibilità nei media generalisti.
Ci sono novità in prospettiva?
Le app per tutto il network arriveranno presto. Un’altra prospettiva è quella di offrire, a fianco dei servizi, partnership con locali e aumentare l’offerta per il tempo libero
Siamo circa 7-8 in redazione, poi ci sono i blogger e fra tecnici, grafici e commerciali arriviamo a una 15ina.
Tutte lgbt?
No, ci sono anche persone etero! Ma è chiaro che rivolgendosi a una comunità specifica è più facile trovare sensibilità e interessi tra le persone che vi appartengono.
Con il tempo abbiamo capito che un tema come quello dei diritti civili travalica il confine netto “lgbt” – a partire dalle famiglie etero che sempre più numerose partecipano ai Pride, o al movimento femminista, con cui storicamente abbiamo avuto un legame.
Quante persone raggiunge il network?
Ad oggi contiamo 700.000 utenti unici al mese, 5 milioni di pagine visualizzate con una crescita nettissima di accessi da mobile: parliamo di circa 200.000 utenti unici al mese.
Quali sono i temi più richiesti?
Abbiamo sempre cercato di mantenere una posizione generalista, per cui trattiamo di politica, di cronaca, ma anche di tv, gossip, moda, gallery fotografiche.
I vostri scoop più importanti?
Tempo fa intervistammo in esclusiva una vittima di abusi sessuali da parte di un prete all’epoca piuttosto famoso, Don Gelmini. Ci mandarono anche una diffida dopo la pubblicazione, ma il nostro lavoro fu ineccepibile e l’intervista è ancora online. Recentemente abbiamo tirato fuori noi la notizia di uno studio dentistico in Toscana cui era comparso un cartello omofobo, notizia che poi è stata ripresa da tutti i quotidiani.
Non siamo il sito di informazione di un movimento, ma siamo un media di comunità, questa è la nostra forza
Sì, dopo tanti anni di attività siamo diventati un punto di riferimento per tante persone. Da una parte ci sono le vittime di omofobia che vogliono denunciare l’odio e la cattiveria che subiscono, e che vogliono farlo tramite canali affidabili e che le tutelino. Dall’altra c’è la necessità di non strumentalizzare questi episodi e la vita di chi li subisce: spesso il mondo dell’informazione generalista non ha questa sensibilità e non adotta nemmeno un linguaggio appropriato. Per questo le persone Lgbt si rivolgono spesso prima a noi.
Che tipo di responsabilità sentite nell’essere il primo media italiano Lgbt?
Innanzitutto quella della destrutturazione degli stereotipi. Non tutte le persone che arrivano al sito sono Lgbt o persone già informate. È nostro dovere quindi lavorare proprio sui contenuti e sul linguaggio. Per anni ad esempio, abbiamo eletto il personaggio Lgbt dell’anno e spesso erano persone etero che però, attraverso i loro ruoli, si erano fatti garanti dei valori della non discriminazione e dell’inclusione. Il messaggio era: abbiamo bisogno di buoni testimonial, e le questioni Lgbt non riguardano solo le persone Lbgt, ma riguardano i diritti, che sono di tutti.
Che rapporto avete con le associazioni e i movimenti?
Un rapporto stretto, è indubbio. Ma anche autonomo: noi non siamo il sito di informazione di un movimento, ma siamo un media di comunità. Questo non ci ha impedito negli anni di criticare qualche associazione o realtà per scelte o per il modo in cui sono state gestite alcune situazioni. Senza alimentare polemiche sterili però, ma sempre cercando il dibattito e dando spazio a tutte le posizioni. Non tutte le persone Lgbt inoltre sono attiviste: il nostro compito è di raccontare una comunità con tutte le sue sfaccettature.
Salutiamoci con qualcosa di divertente…
Con un video allora! Girato a Bologna qualche tempo fa, registrammo le reazioni di ragazzi etero di fronte a un porno gay…