La proprietà sembra orientata a chiedere il pieno rispetto del contratto e il pagamento del canone, circa 140 mila euro all’anno. A settembre il segretario generale aveva suggerito di sciogliere l’accordo
A otto mesi dall’emergere del caso di Villa Madrè sfuma il progetto amministrazione comunale e le otto famiglie che lì avevano trovato posto dovranno essere trasferite in alloggi per l’emergenza abitativa entro la fine del mese.
Dopo le criticità rilevate dal segretario generale Angela Nobile, che a settembre aveva rilevato la non sussistenza delle condizioni che legittimavano il contratto, e ne aveva dunque suggerito la risoluzione, l’amministrazione ha tentato la strada di una revisione del contratto stesso, proponendo una bozza che tenesse conto delle riserve giuridiche espresse dal segretario generale.
Condotte Immobili non ha però accettato la proposta valutando, spiega l’amministrazione in una nota, che “le condizioni previste dal nuovo contratto non consentirebbero di trarre margini di rimuneratività soddisfacenti”.
La proprietà sembra orientata a chiedere il pieno rispetto del contratto stipulato 13 mesi fa, chiedendo il pagamento del canone, circa 140 mila euro annui e il rischio è che si arrivi a un contenzioso. “Gli uffici – spiega l’assessore Ylenia Zambito – stanno lavorando affinché questa possibilità venga scongiurata”.
L’operazione Villa Madré è stata fortemente voluta dall’amministrazione comunale in particolare dall’assessore alla casa Ylenia Zambito. L’immobile nato per essere una struttura ricettiva-alberghiera, ma rimasto inutilizzato, era stato visto come un’opportunità per dare risposte all’emergenza abitativa mettendo a disposizione appartamenti a un costo più basso rispetto a quello di mercato.
La formula originaria del contratto prevedeva un canone annuo di 140 mila euro, che sarebbe stato suddiviso fra Comune di Pisa e ARDSU, che avrebbe utilizzato una parte degli appartamenti ricavando 28 posti letto.
Ma a settembre è arrivato lo stop da parte del segretario generale, che ha sottolineato da un lato l’assenza di una gara pubblica nella scelta dell’immobile, e dall’altro l’assenza della SCIA, ovvero la segnalazione certificata di inizio attività, tanto che, aveva osservato la Nobile “la struttura ricettiva di viale delle Cascine non può dirsi esistente”.