Si apre oggi la mostra “I segni della guerra. Pisa 1915-1918: una città nel primo conflitto mondiale”. Sei sezioni che raccontano le varie fasi della prima guerra mondiale
Come si riverbera un guerra, la Grande Guerra, nella vita di una città italiana, della sua popolazione e delle sue istituzioni. Questo il tema al centro della mostra I segni della guerra. Pisa 1915-1918: una città nel primo conflitto mondiale, che si apre oggi a Palazzo Blu in occasione del centenario della prima guerra mondiale (fino al 5 luglio)
“La Grande Guerra – ha detto il presidente della Fondazione Palazzo Blu Cosimo Bracci Torsi – resta infatti un punto di svolta nella storia dell’Europa e del Mondo – l’inizio di una seconda Guerra dei trent’anni o del Secolo breve – ed è all’origine degli sconvolgimenti e degli orrori dei decenni seguenti. Pisa non era sul fronte di combattimento, né era sede di governo o di alti comandi militari. Era una media città italiana con le sue caratteristiche e la sua storia sulla quale tuttavia la guerra ha lasciato i suoi segni”.
L’allestimento prende le mosse da una ricerca che ha visto inventariare e esplorare giacimenti documentari, archivistici, bibliotecari, collezionistici, di stampa periodica locali, tra cui sono stati naturalmente fondamentali sia l’Archivio di Stato di Pisa, sia l’Archivio del cardinale Pietro Maffi, Arcivescovo della città.
Una ricerca che ha varcato i confini di Pisa, arrivando all’archivio della Presidenza della Repubblica, dove sono presenti documenti della Casa Savoia, compresi quelli riferiti alla tenuta reale di San Rossore, l’Ufficio storico dell’Aeronautica, che conserva documenti sulle scuole di volo pisane e il Museo storico dell’Aeronautica militare di Vigna di Valle.
I curatori, Antonio Gibelli e Carlo Stiaccini, si sono inoltre avvalsi di collezioni pubbliche e private, “centrali – spiegano – per illustrare aspetti della vita al fronte e nell’interno, in cui Pisa e i pisani furono coinvolti al pari degli altri italiani, come l’importante collezione di manifesti dei prestiti nazionali conservata presso l’Istituto Mazziniano di Genova. Anche il Museo della guerra di Rovereto è stato fondamentale per fornire strumenti e oggetti che permettessero di ricostruire aspetti della guerra guerreggiata”.
“I risultati di questa ricerca – affermano i curatori – costituiscono un patrimonio permanente di documentazione e di memoria per la prima volta riprodotto e reso consultabile al grande pubblico. In particolare i quasi tredicimila documenti epistolari relativi alle pratiche di assistenza espletate a favore di combattenti, famiglie, prigionieri profughi dall’Ufficio notizie della Diocesi: documenti che sono stati interamente digitalizzati e che sono consultabili con ricerche nominative nell’ambito della mostra e rimarranno a disposizione dei cittadini e degli
studiosi anche dopo la sua chiusura”.
La mostra allestita a Palzzo Blu è connotata anche da aspetti multimediali. La principale applicazione è rappresentata dall’animazione di due personaggi realmente esistiti, Antonio Ceccotti, mezzadro di Casciana, socialista e pacifista e di Ivo Stojanovich, studente di giurisprudenza, nazionalista, volontario, le cui figure sono state ricostruite grazie ai documenti.
La mostra fornisce un apparato informativo di inquadramento utile ai visitatori per collocare le vicende locali nel più ampio contesto nazionale e internazionale.
Sei le sezioni in cui si articola la mostra. La prima dedicata ai mesi dell’attesa, in cui si illustra il ruolo dell’Università, del Comune e della Diocesi nel dibattito, gli scontri nei teatri e nelle piazze tra chi voleva a tutti i costi la guerra e chi preferiva mantenere la neutralità.
La seconda sezione si riferisce ai caratteri generali della guerra al fronte, così come apparve agli occhi dei mobilitati, mentre la terza documenta l’esperienza del fronte dove si consuma la carneficina.
La quarta sezione prende in considerazione il disegnarsi sul territorio di Pisa e dintorni dei segni della guerra, soprattutto sotto forma di nuovi campi e scuole di volo preso le quali transiteranno per la loro formazione alcuni dei futuri assi dell’aviazione italiana.
Mentre nella quinta sezione la guerra entra decisamente in città: l’afflusso dei feriti e dei mutilati ricoverati negli ospedali cittadini, l’accoglienza ai profughi in fuga dal Veneto e dal Friuli dopo la rotta di Caporetto, la censura, la propaganda e la vita quotidiana.
Infine la sesta sezione, dedicata ai bilanci, alle eredità e alla memoria della guerra.
La mostra concludono i curatori “vuole invitare a riflettere sul carattere talora imprevedibile del corso storico, sui meccanismi che spingono le società ad abbracciare cause perverse come quelle nazionalistiche anche sotto la pressione di mezzi di comunicazione di massa opportunamente manovrati, sull’eterogenesi dei fini per cui cause pur degne e rispettabili, come l’autodeterminazione dei popoli, possono sfociare in spaventosi esiti distruttivi”.