di Giovanni Cignoni. “L’occhio allenato del sergente tecnico notò subito l’eco non identificata. Più luminosa delle altre, si spostava sulla mappa ad alta risoluzione avvicinandosi ai confini nazionali. Preoccupato, sfiorò la piccola icona che si muoveva sullo schermo per visualizzare la telemetria completa del segnale sconosciuto. Quel gesto così semplice poteva essere l’inizio di una drammatica catena di eventi…”
Era il 1958, gli eventi potevano davvero essere drammatici e la tecnologia descritta non è di fantasia: il sistema SAGE (SemiAutomatic Ground Environment) della Difesa USA aveva console di controllo grafiche con point&click su schermo. Certo, gli schermi erano monocromatici, la risoluzione solo 1024×1024 e lo schermo si toccava tramite un stilo con un’impugnatura a pistola che chiamavano light gun. Ma era già touchscreen. Sorprendente?
Visualizzare e toccare è così intuitivo che, nella storia dei calcolatori e delle loro interfacce utente, è venuto in mente subito. Di fatto era molto più strabiliante quel che faceva il calcolatore che c’era sotto – letteralmente: nelle SAGE Blockhouse l’AN/FSQ-7 occupava il secondo piano, la sala di controllo era al quarto. Progettati al MIT e realizzati da IBM, ogni calcolatore digitalizzava, elaborava e incrociava i segnali della sua ventina di radar per poi confrontarli con i dati dei voli previsti e presentare lo scenario risultante agli operatori del SAGE, graficamente e in tempo reale.
Il touchscreen nacque per i militari, ma fu segreto per poco. Lo troviamo quasi subito sul TX-2 al MIT e, come prodotto commerciale, già nel 1961 sul PDP-1 della Digital. Nel 1963 Ivan Sutherland sul TX-2 svilupperà Sketchpad: lo stilo è uno stilo e il programma, per disegnare su schermo, implementa anche le gesture per ruotare, ingrandire, cancellare…
Come spesso accade però, la prima cosa che viene in mente non è la migliore. Il touchscreen è scomodo: la mano copre lo schermo. È inefficiente: per muoversi da un punto all’altro occorre spostare la mano della stessa distanza. È faticoso: per la salute delle vertebre gli schermi devono essere verticali, ma lavorare a lungo con il braccio alzato come minimo stanca, alla lunga porta a quella che venne denominata gorilla arm syndrome.
Per qualche anno si cerca una soluzione, poi nel 1967 Douglas Engelbart ci regala il mouse. Il braccio e la mano stanno orizzontali e appoggiati: si può lavorare ore senza fatica.
Giocando di scala fra il movimento del mouse sul tappetino e quello del puntatore su schermo si può decidere a piacimento quando essere veloci e quando precisi. Sullo schermo c’è solo il puntatore: può assumere forme diverse, non copre la visuale e non sporca. Nel 1973 lo Xerox Alto sarà il primo sistema commerciale ad avere mouse e interfaccia a finestre.
A oggi, insieme alla tavoletta grafica che ne è una particolare incarnazione, il mouse è tuttora il miglior strumento per lavorare al computer con precisione e continuità.
Il touchscreen non è stato inventato di recente, è solo ritornato: per i pochi gesti che servono per navigare sul web, leggere un ebook, guardare un video è l’interfaccia minimale e ideale.
A volte per i nuovi usi funzionano meglio le vecchie tecnologie.
PS: la grafica delle console del SAGE ebbe anche altri usi.
L’ispirazione è dal calendario di Esquire del 1956, il penultimo: le pin-up disegnate sono al tramonto.