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Le condizioni dell’esperimento

FormulaQ

Meno amichevole o modaiolo di “informatica”, “calcolo” è forse più spaventevole. Ma faceva parte della sfida, ovvero parlare di scienza, tecnologia, storia, e raccontare un museo


di Giovanni A. Cignoni

C’è sempre qualche remora ad essere autoreferenziali, ma su queste pagine abbiamo fatto un esperimento e questo è il momento di parlarne, anche come punto di partenza per dire altro.

La serie di articoli “Quattro chiacchiere sul calcolo, senza fare conti” è un esperimento di comunicazione museale. È stato presentato nelle cosiddette sedi deputate (il 24° Congresso dell’Associazione Nazionale dei Musei Scientifici), ma ne vogliamo dire anche ai lettori di paginaQ in primo luogo per ringraziarli di aver partecipato.

Le nostre chiacchiere sul calcolo sono state un esperimento di comunicazione museale

L’idea venne dall’articolo di Cinzia apparso sulla prima uscita online di paginaQ. Il succo è raccontare il calcolo al pubblico di un giornale, provando a incuriosire, a divertire magari, ma rimanendo negli stretti binari di un’informazione rigorosa. La scelta di “calcolo” come argomento delle chiacchiere, meno amichevole di “informatica” e meno modaiolo dei termini inglesi che vanno per la maggiore, non è un caso.

L’informatica è il calcolo automatico e il calcolo non ha a che fare solo con i numeri, piuttosto con i simboli con cui rappresentiamo le informazioni – le cifre sono solo uno dei casi. Calcolo è un po’ démodé e forse spaventevole, ma è parte della sfida.

Calcolo dice che parliamo di scienza, tecnologia e storia, non dei ruzzini che popolano le pagine “di informatica” degli altri media.

Gli altri media, appunto. Quelli che per compiacere i big del mercato alimentano la favoletta dell’informatica inventata nei garage. Mischiano gli imprenditori con gli inventori quando, fin da piccoli, ci insegnano che Zio Paperone e Archimede sono personaggi diversi. Per far notizia inventano fatti, o per lo meno non li verificano, come nel caso delle faccine politicamente scorrette.

Perché un esperimento sia possibile devono sussistere certe condizioni. In questo caso la condizione necessaria era paginaQ. Un giornale, locale, piccolo e appena lanciato che ospita un esperimento di diffusione della cultura scientifica su un argomento difficile e, perdipiù, trattato in controtendenza. È la diversità di paginaQ, e non è cosa da poco.

L’informatica ha dato dei bei scossoni a parecchi processi economici. La facilità di replicare e comunicare le informazioni, l’averle (finalmente) ricondotte alla loro essenza di contenuti sganciandole dai supporti che si usano per mantenerle e veicolarle ha messo in crisi un sistema che invece reggeva sulla vendita dei contenitori – la carta per quel che riguarda i giornali. Il sistema deve ancora riassestarsi e soffre del fatto che l’eliminazione dei costi dei supporti, invece di liberare risorse per produrre informazioni migliori, ha instillato nei più la convinzione che i contenuti siano gratuiti. Parte della colpa è proprio di quei media che han raccontato l’informatica con la faciloneria di cui si diceva. Altro motivo per apprezzare la diversità di paginaQ.

I sistemi prima o poi trovano un nuovo equilibrio (fino al prossimo scossone). Per l’economia dei contenuti, a chi scrive piace scommettere sulla soluzione della disponibilità pubblica e della partecipazione collettiva. Gli informatici, per forza di cose, sono stati i primi a rendersi conto del problema e a pensare a risolverlo. I concetti del software libero sono migrati nelle licenze Creative Commons. I meccanismi di sostentamento di produzioni indipendenti sono alle basi del crowdfunding. Fra alti e bassi ogni tanto si fa notare che le utili standardizzazioni non possono diventare monopoli privati. Anche che, quando si parla di libertà e pluralità di informazione, le Istituzioni dovrebbero farsi avanti come ridistributori di risorse finanziarie.

Quando paginaQ è partita si è cimentata con questo scenario complesso, difficile e liquido. Non era per niente facile trovare un equilibrio economico e non c’è riuscita. Anche paginaQ era un esperimento e i conti non hanno quadrato. Succede, chapeau al coraggio però.

È riuscità però nel costruire un giornale originale nella formula, professionale, ricco di contenuti ben oltre la cronaca e mai spiccioli. Capace anche, fra le altre cose, di essere condizione necessaria per fare esperimenti di diffusione della cultura scientifica. Di nuovo, non è cosa da poco.

Ed è un patrimonio pubblico: paginaQ è stata disponibile per tutti. È un patrimonio dei lettori affezionati e di quelli che non hanno fatto in tempo ad apprezzarla; della Città anche, vista la natura g-local del progetto.

Se la disponibilità pubblica dei contenuti c’è stata, è invece mancata una delle condizioni dell’esperimento paginaQ: la partecipazione collettiva a sostenere la loro produzione. In quanto collettiva è, per definizione, una cosa che ci riguarda tutti, almeno quelli che, altrimenti, sentiranno di aver perso paginaQ.

Gli altri articoli della serie “Quattro chiacchiere sul calcolo, senza fare conti”

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Pubblicato il: 6 giugno 2015

Argomenti: Cultura, Tech

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