Quella che segue è un’importante lettera firmata dalla comunità di Giurisprudenza sulla chiusura della Sapienza, ed esprime la posizione e la richiesta di una nutrita comunità di lavoratori e studenti.
Di fronte al perpetrarsi della chiusura della Sapienza, come personale docente e non docente e come studenti di Giurisprudenza – di cui il Palazzo è sempre stato la sede – intendiamo porre alcune questioni.
Tra qualche giorno sarà resa pubblica la perizia relativa alle condizioni di stabilità del palazzo della Sapienza. Finalmente si potrà cominciare a ragionare del suo futuro su una base concreta: un futuro che, ovviamente, non potrà ignorare ciò che la Sapienza è stata per secoli, ossia la sede dei corsi di diritto, per accogliere i quali fu appositamente costruita.
Il dibattito pubblico seguìto alla chiusura del palazzo sembra averne ignorato o sottovalutato l’esito forse più drammatico: vale a dire lo smembramento della comunità scientifica e umana che si raccoglie intorno agli studi giuridici pisani, forte di oltre 5000 studenti, 2500 dei quali frequentavano quotidianamente quel Palazzo, per non dire del centinaio di laureati iscritti alla Scuola di specializzazione per le professioni legali, più altrettanti studenti e dottorandi – anche stranieri – provenienti da una dozzina di paesi europei ed extraeuropei, più varie decine di avvocati e magistrati, senza dimenticare il personale docente e tecnico-amministrativo.
Questa comunità – che nella Sapienza occupava l’intero piano terra, buona parte del primo e una discreta parte del secondo piano, con 11 aule per più di 1000 posti a sedere complessivi, 3 salette per seminari ed esercitazioni, un laboratorio informatico, due sale di lettura per studenti, una sala professori, tre (ex)dipartimenti con le rispettive cospicue biblioteche – ha vissuto le traversie di tutti gli sfollati, con il concreto rischio di ricadute, tra l‘altro, sulle iscrizioni degli studenti.
L’Ateneo ha cercato e tempestivamente attivato le migliori soluzioni per fare fronte all’emergenza: nonostante ciò, oggi questa comunità umana, scientifica e didattica, si trova frammentata tra poli didattici variamente dislocati, uffici amministrativi e studi dei docenti sparpagliati in vari palazzi. Gli studenti mancano di aule studio e luoghi di riferimento unitari e tutti siamo quotidianamente mortificati dall’impossibilità di accedere all’enorme patrimonio di riviste e libri giuridici che erano custoditi nel palazzo e che attualmente si trovano in larghissima parte ancora in deposito presso l’archivio di Montacchiello.
Nei mesi trascorsi dalla dichiarazione di inagibilità della Sapienza la nostra comunità – tra difficoltà inimmaginabili e forse proprio per questo sottovalutate – ha affrontato l’emergenza quotidiana con grande decoro, senza sterili lamentele o recriminazioni, impegnandosi per cercare di contenere nella misura del possibile i disagi e le disfunzioni inevitabili, anche nei momenti in cui la dignità stessa del lavorare e dello studiare era seriamente compromessa da una logistica da “sfollati”.
Tuttavia l’emergenza non è ancora finita e la realtà non si presta ad interpretazioni: Giurisprudenza non ha una sede e la mancanza di una sede costituisce una ferita gravissima per un’istituzione, perché ne compromette l’identità prima ancora che l’efficienza. Le persone – studenti, docenti, personale amministrativo – e le attività che la fanno vivere sono disperse e la fisionomia di una parte importante del tessuto urbano ed economico della città ne risulta gravemente menomata.
Siamo perciò convinti che lo sforzo da intraprendere per disegnare il futuro della Sapienza non possa ignorare, né lasciare in secondo piano, le esigenze vitali di quella che è stata la Facoltà ed è oggi il Dipartimento di Giurisprudenza, le cui attività sono state da sempre ospitate in Sapienza. E siamo fiduciosi che questa sia anche la convinzione del nostro Ateneo.
(Seguono numerose firme di docenti, dottorandi, personale amministrativo, tecnico e bibliotecario, studenti di Giurisprudenza)