“Memorie di un altro pianeta”, il libro sul partigiano ligure “sopravvissuto per raccontare”, sarà presentato oggi alla Scuola Sant’Anna. Ne abbiamo parlato con l’autore, il giornalista Domenico Guarino
Raimondo Ricci è scomparso alla fine del 2013. È stato partigiano, prigioniero a Mauthausen e presidente dell’ANPI. Di lui si parla oggi alla Scuola Superiore Sant’Anna. A partire dalle 17 con un’iniziativa dedicata alla discussione del suo ultimo libro “Io, Raimondo Ricci. Memorie di un altro pianeta”, a cura di Domenico Guarino e Andrea Marotta (Sagep, Genova 2013) – che saranno presenti – e all’esperienza della detenzione nel campo di concentramento. Noi ne abbiamo parlato con Domenico Guarino, giornalista di Controradio-Popolare Network.
Chi è Raimondo Ricci? E perché un libro di sue memorie?
Raimondo Ricci è stata una delle figure più importanti della vita democratica di questo paese. Una di quelle persone che non hanno mai lesinato il proprio impegno civile nel senso dei valori espressi dalla Costituzione. Figlio di una delle più prestigiose famiglie della borghesia ligure – era originario di Imperia – era stato tra i primissimi ad abbracciare le armi contro i fascisti e i nazisti all’indomani dell’8 settembre ’43. Pochi mesi dopo fu catturato ed internato in varie carceri prima di finire a Mauthausen nella primavera del ’44, dove rimase internato fino alla liberazione del campo avvenuta nel maggio del ’45. Da allora, laureatosi il legge, Ricci è stato attivo prima come militante del Partito Comunista (cui si era tesserato proprio durante la prigionia nel lager di Mauthausen), poi come parlamentare (dal 1976). È stato presidente dell’ANPI – associazione nazionale partigiani italiani – dal 2009 al 2011.
Scrivere un libro si Raimondo significa dare attualità al messaggio che la sua vita di resistente ed internato ci consegna. Una storia che non può essere relegata solo alle commemorazioni ma che va rivissuta e rielaborata anche alla luce delle domande che la società contemporanea ci pone. Una società in cui, come viviamo continuamente, quegli stessi ideali per cui Raimondo aveva combattuto sono spesso calpestati anche da chi dovrebbe invece promuoverli.
Quando e come nasce questo libro?
La scelta di raccogliere le sue memorie è nata nel solco del lavoro che avevo fatto sul libro “Ribelli” (scritto insieme a Chiara Brilli, Infinito edizioni, ndr) dedicato agli ultimi partigiani ancora in vita, di cui Raimondo Ricci era stato uno dei protagonisti. È stato Raimondo stesso, rimasto molto colpito dal tipo di impostazione che avevamo voluto dare al lavoro (non solo memoria, ma anche e soprattutto “attualità” degli ideali partigiani) a chiedermi di curare una pubblicazione che rappresentasse una specie di “testamento etico” della sua vita spesa a difesa di quegli stessi principii di libertà, giustizia sociale, uguaglianza dei diritti, solidarietà, per cui cui da giovane aveva combattuto. Raimondo ripeteva spesso una frase “sono sopravvissuto per raccontare”: il suo racconto ci parla di quello che siamo e di cosa siamo diventati a settant’anni dall’immane tragedia della seconda guerra mondiale e dall’abominio nazista, ponendoci domande anche scomode. A partire dal ruolo che ha la difesa della dignità umana nella società del capitalismo globale telematico. Lavorare con lui è stata un’esperienza emozionante, di grandissima intensità umana e civile. Un anno di incontri in cui Raimondo, oramai praticamente cieco, ci ha regalato sprazzi di umanità e di forza che ancora oggi mi commuovono. Probabilmente sapeva di esser arrivato al capolinea ed aveva, pur nelle difficoltà oggettive della sua situazione, l’urgenza di lasciare il “suo” messaggio soprattutto ai giovani. Noi abbiamo cercato semplicemente di dare “ordine” letterario alle sue parole, toccando il meno possibile il suo stile. Quella lucidità di analisi chirurgica che si accompagna alla crudezza del racconto ed alla potenza del messaggio.
Raimondo Ricci è morto a novembre. Inevitabilmente si riduce il numero dei protagonisti della Resistenza e dei testimoni diretti. Libri come questo contribuiscono a mantenere viva la memoria storica. Quali altre strade secondo te possono essere percorse affinché con i testimoni non scompaia la riflessione, la memoria di questa pagina della nostra storia?
La memoria è importante, ovviamente. Ma di per sé non basta. Sono i comportamenti in conformità agli ideali che questa memoria ci trasmette ad essere veramente importanti. Senza di questi il rischio è di scadere nelle celebrazioni vuote. Un rischio che Raimondo aveva ben in mente e che con questo libro ha voluto in qualche modo palesare. Sta a noi raccogliere il testimone di quelle battaglie e portarle a compimento in maniera pacifica ma radicale. Altrimenti il testamento etico che questa generazione ci ha consegnato sarebbe irrimediabilmente perso.