La legge è chiara: tutte le società e gli enti di diritto privato in controllo delle amministrazioni pubbliche, sono tenuti a rispettare degli obblighi di pubblicazione su chi sono, cosa fanno, quanto e come spendono. Il principio è quello dell’amministrazione trasparente, dove per trasparente si intende, ovviamente, solo la pubblicazione di una parte di tutta l’attività di un ente. E già il significato della parola aiuta a capire qualcosa di più: “detto di corpo che lascia passare la luce”, ricorda il buon Treccani.
Lo scorso settembre il direttore e segretario generale del Comune di Pisa Angela Nobile ha inviato una lettera a tutte le società partecipate dal Comune di Pisa, in cui elencava i provvedimenti che queste devono adottare al fine di rispettare la legge. La legge cui Nobile fa riferimento è soprattutto il decreto 33 del 2013, un decreto molto severo nella sua impostazione, che prevede obblighi e sanzioni precise, e che di fatto dà avvio a un percorso lungo che dev’essere costantemente monitorato e aggiornato, per il quale ci vorrà molto tempo – visto che le nostre amministrazioni, ahinoi, non brillano per innovazione.
E al di là di alcune specificità, a seconda che si tratti di aziende di servizi o di scopo, società per azioni o consortili e così via, esistono una serie di adempimenti validi per tutti. Le società partecipate devono quindi pubblicare sui propri siti istituzionali tutti i componenti degli organi di indirizzo, e per ciascun soggetto, l’atto di nomina con indicazione della durata dell’incarico, curriculum, compensi, di qualunque natura, connessi con l’assunzione della carica, spese per viaggi e missioni di servizio, dati relativi all’assunzione di altre cariche presso enti pubblici o privati, e i relativi compensi, nonché eventuali incarichi che comportano oneri a carico della finanza pubblica.
Quanto ai dirigenti, sui siti devono essere pubblicati gli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico, i curriculum, gli altri eventuali incarichi in enti aziende pubbliche e private, anche in questo caso i compensi, con specifica indicazione delle eventuali componenti variabili o legate al risultato. E ancora, è richiesto di pubblicare l’elenco delle collaborazioni e delle consulenze e le relative spese sostenute dall’ente, nonché, di nuovo, gli atti di nomina e la durata degli incarichi.
Un capitolo a sé spetta ai bilanci. La legge è stata concepita con l’intenzione di tradurre la trasparenza in strumento al servizio dei cittadini, per avvicinarli alla pubblica amministrazione e al suo funzionamento ma anche per restituire, in un certo senso, quel potere di controllo che rientra nell’ampio alveo dei doveri (oltre che dei diritti) di cittadinanza. E per i bilanci, appunto, la legge prevede che oltre alla pubblicazione integrale e puntuale, ci siano anche delle relazioni e dei grafici di accompagnamento che rendano l’atto leggibile e comprensibile a chiunque.
Va da sé infatti, che la semplice pubblicazione di un documento complesso e lungo come un bilancio, non costituisce di per sé uno strumento di avvicinamento fra istituzioni e cittadini: al contrario, senza strumenti di lettura può diventare un ostacolo ulteriore. La stessa lettera di Nobile su questo punto è precisa: “È necessario pubblicarne anche una versione semplificata e aggregata, anche utilizzando rappresentazioni grafiche e schemi illustrativi, per renderli comprensibili a chiunque“.
Per questa ragione il direttore generale impone alle società di “organizzare, sui propri siti istituzionali, la sezione Amministrazione Trasparente, secondo le indicazioni contenute nel decreto”. Offre quindi delle indicazioni pratiche su come articolare questa sezione, fornendo un modello di schema.
Merita attenzione il meccanismo delle sanzioni. La legge prevede infatti sanzioni importanti qualora i siti istituzionali non pubblichino le informazioni previste. Si va da multe dalle 500 alle 10.000 euro, fino al divieto, da parte del Comune o degli enti pubblici cui fanno capo le partecipate “di erogare a favore di questi soggetti somme a qualsiasi titolo, in caso di mancata o incompleta pubblicazione dei dati”. Non proprio una cosa da poco. La stessa Nobile fa un esempio calzante: “Che succederebbe se togliessimo i soldi a una società che fornisce servizi pubblici essenziali come la gestione dei rifiuti o il trasporto pubblico, solo perché non ha pubblicato i compensi dei dirigenti?” Sarebbe il tracollo, ovviamente, ma non è escluso che qualcuno approverebbe. Del resto quello della trasparenza è un percorso lungo e a più livelli, e le stesse sanzioni, ad oggi, sono più uno spauracchio sventolato che una possibilità reale. “Stiamo preparando un’altra lettera – conclude Nobile – nella quale chiediamo alle partecipate di fornirci un’indicazione di tempo entro cui assolvere questi adempimenti”.
A partire da queste considerazioni abbiamo cercato di capire come si sono comportate intanto le società partecipate e i rispettivi siti. L’intenzione di questa nostra ricerca – è bene chiarirlo – è quella di capire in che modo le istituzioni cercano di adempiere a questi obblighi. La strada è lunga e la situazione che abbiamo rilevato è eterogenea e frammentata. Ogni sito adotta una sua struttura, i buchi sono tanti, ma ci sono anche casi positivi e completi, anche se si contano sulle dita di una mano. Per leggere i risultati del nostro viaggio in rete sui siti delle partecipate (quali avventure…), vi indirizziamo qui.
Bravissima Cinzia un argomento attuale e penoso per questa amministrazione solerte ad ‘allucchettare’ le pratiche e a nasconderle. Nella macchina comunale per fortuna non sono tutti uguali ma sollevare questi temi è sempre importante. Valeria