Nada al Teatro Rossi Aperto per girare il video del nuovo singolo L’ultima festa, in abito rosso di velluto, lungo fino ai piedi, balla e canta cercando di combattere contro quel “freddo antico”, come lo ha definito lei stessa, che al teatro non manca mai. Insieme a 15 comparse, in giacca grigia e maschera sul volto, per cantare quel ritornello che non esce più dalla testa: “Non mi invitare al funerale”.
La incontriamo subito dopo le riprese, e ci racconta del disco che uscirà a marzo – Occupo poco spazio e di come abbia scelto proprio questo luogo suggestivo e pieno di storia per le immagini del video.
“Cercavo un luogo del tempo dimenticato e un po’ fatiscente, com’è purtroppo questo teatro adeso. Un luogo che desse il senso del passato ma anche del futuro: quando il passato è nudo, degradato, disgregato, assomiglia infatti a quegli scenari apocalittici di un futuro che tutti temiamo, e che in qualche modo fa parte del nostro immaginario”, spiega l’artista livornese.
“L’ultima festa parla di un malessere – dice ancora – un disagio al quale non si vuole partecipare. Non voglio partecipare a questa morte e distruzione dei sentimenti, voglio prendere le distanze da qualcosa che non è bello, dalla poesia che muore. È una canzone che parla di questa consapevolezza e della decisione di allontanarsi da questo malessere, appunto. Per questo i personaggi del video hanno le maschere: in questo modo non possono vedere la bruttezza del mondo fuori e riescono a guardarsi dentro per ritrovarsi e ritrovare una bellezza perduta”.
Un tema che torna nel disco Occupo poco spazio, un disco, racconta ancora Nada, “con una forte impronta femminile. Sì, occupo poco spazio è un dato fisico, ed è anche meglio che sia così. È dal piccolo che nascono le cose. Nel disco ci sono storie di solitudine, di ricerca, di significati, di difesa anche delle debolezze e delle fragilità. È importante infatti accettare questi aspetti delle nostre personalità, e in un certo senso difenderli perché è importante essere sempre come siamo, nel bene e nel male, con tutte le nostre imperfezioni”.
E riserva infine un pensiero al Teatro Rossi Aperto, uno spazio occupato da un anno e mezzo al quale si cerca di restituire un futuro e una stabuilità: “Mi è capitato di visitare e lavorare in molti posti d’Italia che hanno una storia simile. Del Rossi mi ha colpito moltissimo la sua austerità: sembra quasi una cattedrale. È un posto quasi esoterico, c’è qualcosa di magico nei suoi corridoi: mi ha trasmesso subito queste sensazioni e ho capito che era il posto dove questa canzone poteva esistere in pieno”.