La mattina di sabato 15 febbraio il Municipio dei Beni Comuni ha aperto la caserma Curtatone e Montananara, ex Distretto Militare, chiuso e abbandonato da oltre 20 anni. 8000 mq di giardino e 4000 mq di superficie coperta possono essere destinati ai bisogni della città
L’edificio e il grande giardino si trovano nel centro del quartiere di San Martino con ingresso da via Giordano Bruno. La caserma è stato costruita ove si trovava un convento risalente al XIV secolo. Il complesso è stato ribattezzato Distretto 42, dal numero dell’articolo della costituzione italiana che subordina l’uso della proprietà privata alla sua funzione sociale.
Legambiente Pisa si era occupata della vicenda delle caserme cittadine già nel 2008. Più recentemente, ha contribuito al dossier “Riconversioni urbane” pubblicato dal Municipio dei Beni Comuni. Di seguito potete leggere il contributo al dossier ed altre informazioni relative alle prossime iniziative.
Le caserme a Pisa, una occasione per la città
Il Comune di Pisa ha chiesto di entrare in possesso a titolo gratuito di numerose aree ed edifici demaniali, secondo la possibilità offerta dal cosiddetto “federalismo demaniale”. Fra le diverse richieste particolare importanza ha quella relativa alle caserme ancora presenti all’interno della città: la Curtatone e Montanara in via Giordano Bruno (ex Distretto Militare da tempo in disuso) e l’Artale in via Derna ancora parzialmente utilizzata, ma con la previsione di una prossima dismissione.
L’acquisizione delle due aree aprirebbe interessanti prospettive per i bisogni della città, ma la concessione è estremamente improbabile, anche perché esiste un precedente accordo secondo il quale il Ministero della Difesa cederebbe tre caserme (anche la Bechi Luserna in via Aurelia Nord) in cambio della costruzione a spese del Comune di Pisa di una nuova caserma e degli alloggi per il personale militare, in zona Ospedaletto.
La sorte delle caserme fa parte dell’ampia partita sulle notevoli trasformazioni in atto o previste nella nostra città, a partire dall’inserimento nel tessuto urbano dell’area dell’ex ospedale di Santa Chiara. Un momento determinante e imprescindibile per la Pisa del futuro. È necessario ascoltare i bisogni della città, rispondendo alle richieste di spazi per la socialità, la cultura, i servizi di pubblica utilità, registrando la mutata situazione del mercato immobiliare. Che lo “sviluppo” della città si fondi sulle risorse di un mercato immobiliare interessato a trasformarne una sua parte consistente in volumi privati, se pur con diverse funzioni, è un’ipotesi irrealizzabile nella crisi attuale che è strutturale. Inoltre questa sarebbe una prospettiva lontana dall’idea di città che vogliamo, in cui trovano spazio le esigenze abitative e commerciali, ma anche le possibilità di incontro, aggregazione, scambio, dove si trovano i servizi alla cittadinanza, dove la qualità ambientale è alta, liberata dai vincoli della speculazione e del traffico automobilistico.
La vicenda delle caserme è iniziata male e rischia di finire peggio. La storia comincia con il protocollo d’intesa del 2001 fino ad arrivare all’accordo di programma del 2007 di cui si è detto, per il quale è stata approvata una variante urbanistica nell’ottobre 2008. Già allora Legambiente Pisa espresse la sua contrarietà. Le aree interessate sono aree demaniali e ricordiamo che “il demanio non è una forma di proprietà, ma bene e servizio pubblico nell’interesse di tutti i cittadini e per questo è inalienabile”, come ha recentemente scritto il professor Salvatore Settis. La variante, invece, prevede la destinazione di gran parte di queste aree a uso privato (edilizia residenziale, ricettiva e uffici di pregio). Nel 2008 Legambiente Pisa, unitamente al Progetto Rebeldia, presentò delle osservazioni che, purtroppo, oggi sono sempre valide: “non condividiamo l’idea fondante sulla base della quale verrà realizzato il progetto in quanto grandi aree pubbliche della città verranno di fatto cedute a interessi privati senza alcun ritorno in termini sociali e di fruibilità per chi in città vive e lavora. (…) Il Ministero della Difesa otterrà dal Comune di Pisa la realizzazione della nuova caserma e il Comune, per rendere appetibile l’operazione all’appaltatore, dovrà cambiare la destinazione d’uso in modo da massimizzare i profitti (…). Si antepongono ai bisogni reali e alle istanze dei cittadini interessi di natura economica (…). In tutto il progetto non si pensa mai agli spazi che si liberano come bene pubblico da mettere a disposizione della collettività (…). Nel piano complessivo delle destinazioni d’uso delle tre vecchie caserme si registra l’assenza totale di spazi pubblici e spazi per la cultura: il 35% saranno residenze di pregio, il 20% uffici, il 30% ricettivo (370 camere tra Artale e Bechi Luserna), il 15% commerciale”.
Non irrilevante, anzi decisivo, è l’aspetto finanziario con il rischio reale che il Comune di Pisa vada incontro a forti perdite. Già nel 2008 si poteva valutare a sessanta milioni di euro il capitale ricavabile dalla vendita ai privati delle aree delle tre vecchie caserme, mentre la spesa per la costruzione di una nuova caserma con gli alloggi annessi si sarebbe aggirata intorno ai cento milioni di euro. E da allora le cose non sono certo migliorate.
Il piano complessivo deve essere rivisto e le possibilità offerte dal federalismo demaniale devono essere occasione per ritrovare il bene comune come obiettivo, non come “bene del Comune” da valorizzare, cioè vendere. Pisa, come molte città italiane, ha un grande patrimonio storico da non disperdere, ma da conservare, volumi dismessi che possono essere riutilizzati.
La caserma Artale, di fronte all’orto botanico, vicino a piazza dei Miracoli non è immaginabile come luogo di moltiplicazione di strutture ricettive e abitative di lusso in una progettazione che non sia integrata con quella della adiacente area del Santa Chiara, in un quartiere ora quasi interamente occupato da università e servizi turistici.
La caserma Curtatone e Montanara è forse lo spazio di interesse più immediato, essendo ormai in stato di abbandono da molti anni e conservando al suo interno tesori insospettabili per chi percorre le vie adiacenti. Oltre agli edifici, purtroppo ormai in pessime condizioni, ci sono circa 7500 mq di verde, una vera oasi nel cuore del quartiere storico di San Martino. La variante del 2008 prevede edifici residenziali di pregio, con il rischio della riduzione del verde pubblico a verde condominiale. Ci auguriamo cose ben diverse. Già nel 1966 uno studio commissionato dal Comune di Pisa proponeva di liberare al pubblico quel verde aprendolo al quartiere con tre accessi. Quasi cinquanta anni dopo si presenta l’occasione di inserire coerentemente quegli spazi nel contesto urbano, conservandone l’identità e il pregio ambientale: Pisa ha poco verde pubblico in città (i dati più recenti del Rapporto dell’Ecosistema Urbano la pongono nella modesta media dei capoluoghi italiani) in particolar modo nel centro storico, e quei giardini sarebbero un bene prezioso.
L’abbandono dell’area, in questo caso come in molti altri, ha aumentato il costo del recupero, ma è possibile ridurlo e renderlo sostenibile con la partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini. La domanda di socialità esiste ed è forte, la capacità di gruppi e associazioni di rispondere concretamente a queste esigenze è dimostrata dall’esperienza. Nessun percorso è facile, ma chiediamo all’Amministrazione Comunale di non insistere pervicacemente in un progetto ormai di fatto fallito, e di rivedere gli obiettivi legati all’acquisizione di queste caserme, di dialogare con le forze vive che rispondono ai bisogni della città. Le soluzioni, se si vuole, si trovano.