Un altro asilo nido verso la chiusura. La denuncia arriva dalla RSU del Comune di Pisa, ma più che di denuncia è di presa d’atto che si deve parlare visto che la conferma a mezzo stampa arriva dall’assessore Marilù Chiofalo e dalle previsioni del Bilancio 2014.
L’assessore parla di riorganizzazione, ma la parola non piace alle rappresentanze sindacali, FP Cgil e Cobas, visto che si “tratta della chiusura di una struttura, della perdita di posti di lavoro e della migrazione di alcune educatrice verso condizioni contrattuali peggiori”.
L’amministrazione comunale ha infatti deciso di esternalizzare uno dei 9 asili nido a gestione diretta, affidandolo a gestione esterna. Un’operazione che con sé porterà, spiega la delegata sindacale Paola Fustini “l’acquisto di posti in una struttura convenzionata e una diminuzione dell’organico che da 69 unità passerà a 63”.
Ancora non è stabilito quale dei nidi del territorio comunale verrà chiuso il prossimo anno scolastico, ma la previsione è di 30/36 posti in meno che dovranno essere compensati, quindi spiegano “è probabile che a chiudere sarà uno dei cosiddetti piccoli nidi”. A rischio ci sono posti di lavoro: per le educatrici è prevista una riduzione di organico di 6 unità e spiega ancora Fustini, “se parte delle educatrici, quelle a tempo indeterminato, saranno redistribuite nelle altre strutture, a rischio sono le 6 educatrici precarie con contratti annuali”. E con loro due o più ausiliarie (il numero dei posti a rischio anche in questo caso dipenderà da quale struttura verrà esternalizzata).
La denuncia dei sindacati è sue due fronti. Ad essere sotto attacco è il passaggio che per alcune educatrici si prefigura da un contratto pubblico a quelli applicati nelle strutture convenzionate che prevedono condizioni più sfavorevoli da un punto di vista salariale e delle tutele. “Per lo più – spiegano – le lavoratrici non ricevono stipendio nei mesi di chiusura dei nidi. In mancanza di un contratto unico che a partità di mansione preveda le stesse condizioni contrattuali, si cerca di scaricare sui lavoratori le necessità di riduzione della spesa”.
Ma “la triste realtà che emerge dal nuovo bilancio 2014” riguarda anche un “disimpegno del Comune dalle responsabilità etiche, educative e culturali connesse alla gestione diretta dell’educazione”. In sei anni i nidi sono passati da 10 a 8 e le educatrici dalle 85 pre 2007 stanno per arrivare a 63. Una riduzione che si ripercuote da un lato sulla vita organizzativa delle famiglie e dall’altro influisce negativamente sulla continuità educativa dei bambini. A farne le spese dice Cinzia Pardini del Cobas “sarà il patrimonio di esperienza basato su un lavoro collettivo. Ma anche i bambini: trattati come pacchi postali, saranno trasferiti in altri nidi, vanificando anche lo sforzo collettivo fatto quest’anno”.
Sotto accusa è anche l’annuncio di procedere a una sperimentazione trasformando un asilo a gestione diretta in un centro esternalizzato per la fascia di età 0-6: un ulteriore passo, dicono, dell’abdicazione dell’educazione intesa come dovere pubblico, come investimento verso la formazione di futuri cittadini.
La richiesta dei sindacati è chiara: riaprire un tavolo di confronto, in modo che una soluzione sulle problematiche legate al patto di stabilità e alle casse che languono sia concordata e studiata da tutte le parti in causa, e in modo che a farne le spese non siano i lavoratori né tanto meno i bambini. La proposta è quella di studiare un piano di diversificazione degli orari e di assunzioni programmate su un trienno in modo da venire incontro alle necessità di bilancio, senza penalizzare educatrici e bambini.
Purtroppo, conclude Maria Borsò della FP-Cgil ed educatrice da moltissimi anni, il panorama anche in Toscana non è incoraggiante: “Il 50% degli asili nido è a titolarità privata e del restante 50% a titolarità pubblica la metà è a gestione indiretta (quindi esternalizzata)”. A questo si aggiunge un progressivo disimpegno degli investimenti sul servizio pubblico e “l’imminente modifica del regolamento regionale dei servizi educativi della prima infanzia che se approvato porterà a un innalzamento del rapporto numerico educatori / bambini. Un intervento non conciliabile con l’innalzamento della qualità”.