Ancora un film su una donna. Marzo è il mese delle donne. Questa volta il film è italiano e visto al cinema, non in dvd come tutti gll altri di questa rubrica. Sarà in dvd dal 19 aprile.
Il film è Come il vento e la donna è Armida Miserere. Una storia vera questa volta: Armida Miserere è stata la prima donna direttrice di carcere in Italia. Anzi, direttore di carcere, perché lei pretendeva farsi chiamare così. Il film di Marco Simon Puccioni racconta la sua storia; ma più che mostrare e dare risalto alla donna direttore di carcere, quindi al suo rapporto con gli uomini in un mondo fatto quasi esclusivamente di uomini (erano tutti carceri maschili almeno quelli che si vedono nel film), al rapporto con i detenuti, al rapporto con i suoi sottoposti che ricevevano ordini da una donna, il film si concentra soprattutto sulla vita interiore della Miserere che non riuscì mai a superare il lutto della perdita del suo compagno ucciso in un agguato camorrista.
Eppure di carcere se ne vede proprio tanto nel film, perché l’unico modo che Armida Miserere trova per cercare di superare il dolore per la perdita del compagno è lavorare lavorare lavorare e preferibilmente nei carceri più duri: Pianosa, Ucciardone, Sulmona. Ed è proprio lo Stato a chiamarla nei carceri più difficili perché Armida dice sempre di sì. Nella realtà la figura di questa giovane donna genera pareri contrastanti, per alcuni era estremamente dura e poco propensa a credere nella riabilitazione dei detenuti anche se proprio il suo compagno era un educatore nelle carceri – era soprannominata la femmina bestia; per altri è stata un direttore di carcere particolarmente ligia che pretendeva la correttezza sia dal carcerato che dalle forze dell’ordine. Questo aspetto del personaggio, e le controversie che ci sono state, non vengono analizzate nel film. Anche la storia recente italiana con cui la Miserere entra inevitabilmente in contatto si vede solo di sfuggita. Peccato; viene da pensare che sia stata un’occasione persa l’aver tralasciato questi lati della storia.
E’ l’interiorita di Armida Miserere il filo conduttore del film, il suo dolore mai superato, la sua fragilità, una giovane donna minuta spesso in mimetica (per farla sembrare ancora più fragile, nel film sembra indossarne una un paio di misure più grandi), quasi sempre sola, gli occhi tristi, una sigaretta accesa perennemente in mano, è questo che rimane addosso allo spettatore una volta usciti dal cinema. E la sfida di interpretare un personaggio così particolare la raccoglie Valeria Golino anche se pare ci sia voluta un po’ di opera di convincimento da parte di Puccioni. Le due donne anni prima si erano anche incontrare nel carcere di Sulmona dove l’attrice era andata a presentare il film Respiro di cui era protagonista. E’ comunque una bella interpretazione quella della Golino che poteva rischiare di diventare melodrammatica dato il taglio del film e che invece rimane sempre abbastanza misurata.
Tra gli altri attori anche Filippo Timi, Francesco Scianna e Chiara Caselli.
Il film è stato presentato al Cinema Arsenale dall’associazione Controluce che si occupa di volontariato all’interno del carcere Don Bosco di Pisa.