Cari lettori,
il settimo appuntamento di InQuadriamo il diritto cade a pochissimi giorni di distanza dall’approvazione, in via definitiva, della riforma del Codice del Consumo.
Dal prossimo 13 giugno 2014 entreranno in vigore nuove norme volte a rafforzare la tutela del consumatore: tra le novità previste dal legislatore, vi è la modifica della disciplina del recesso per i contratti conclusi a distanza o fuori dai locali commerciali.
Prima di vedere come funziona, in questi casi, il diritto di recesso, facciamo alcune veloci precisazioni.
La terminologia “contratti conclusi a distanza o fuori dai locali commerciali” sembra alquanto fumosa e complicata ma, in realtà, il concetto è molto semplice, e fa riferimento, in senso lato, a tutti i contratti che vengono stipulati per strada, al telefono, tramite televendite, in internet, tramite il metodo del “porta a porta” e così via. Si tratta, quindi, di situazioni veramente molto comuni, nelle quali tutti noi ci siamo sicuramente imbattuti più di una volta.
Con il termine “consumatore” si fa, invece, riferimento ad un soggetto (rigorosamente persona fisica) che agisce (acquistando beni o servizi) per uno scopo personale estraneo alla propria attività professionale. Ad esempio, è consumatore Tizio che acquista un set di pentole per dilettarsi nella cucina di casa guardando Masterchef, mentre non è consumatore Joe Bastianich che acquista lo stesso set di pentole da cucina per usarlo in uno dei suoi numerosi ristoranti. Il set di pentole è lo stesso, l’utilizzo che ne viene fatto è lo stesso (o quasi, perché difficilmente Tizio saprà cucinare come Bastianich!), ma lo scopo per il quale il bene viene acquistato è diverso: nel primo caso, lo scopo è personale; nel secondo caso, lo scopo è professionale.
Infine, per “diritto di recesso” si intende il diritto, riconosciuto all’acquirente-consumatore, di recedere dal contratto (quindi, di svincolarsi, di liberarsi dal contratto). Nel caso che qui analizziamo, il recesso è libero e non deve essere supportato da alcuna motivazione o giustificazione, perché può essere esercitato a libero piacimento, appunto, dell’acquirente. Ad esempio, Caia acquista una borsa color ceruleo su un sito internet e poi, una volta ricevuta a casa la borsa, scopre, con enorme sconcerto, che il colore non si intona perfettamente al turchese del vestito e all’azzurro del cappellino ai quali voleva abbinare, bontà sua, la borsa. A questo punto, Caia ha a sua disposizione due alternative: tenersi la borsa, nella speranza di poterla comunque utilizzare in qualche modo, oppure esercitare il diritto di recesso, restituire indietro la borsa e recuperare i soldi spesi per acquistarla.
Se sceglie di “recedere dal contratto”, Caia non deve fornire alcuna spiegazione al venditore, non deve giustificare i suoi (forse discutibili) gusti in tema di abbigliamento né deve precisare alcunché. Sarà sufficiente dichiarare di voler recedere dal contratto, senza dare ulteriori spiegazioni che la legge non richiede e che neppure il venditore può richiedere. Il diritto di recesso è, quindi, assolutamente libero, non deve essere giustificato né deve essere motivato.
Occorre, però, rispettare un termine ben preciso per esercitare questo diritto, ed è qui che è maggiormente intervenuta la riforma di cui parlavo all’inizio. Fino ad oggi l’acquirente-consumatore aveva a disposizione 10 giorni per esercitare questo diritto, mentre, dal 13 giugno 2014, l’acquirente-consumatore avrà a disposizione 14 giorni per recedere dal contratto (il termine è stato, quindi, allungato dalla riforma). Attenzione, però, al momento dal quale si iniziano a contare i 14 giorni. Per quanto riguarda i contratti che hanno ad oggetto servizi di telefonia o forniture di acqua, luce, gas, elettricità e simili, il termine inizia a decorrere dal giorno in cui è stato stipulato il contratto; per quanto riguarda, invece, i contratti che hanno ad oggetti merci (vestiti, libri, frullatori ecc.) il termine inizia a decorrere dal giorno in cui l’acquirente ha ricevuto fisicamente i beni (quindi, dal giorno in cui gli sono stati effettivamente consegnati).
Non ci sono particolari formalità da seguire per comunicare al venditore la volontà di recedere dal contratto ma, per precauzione, è buona norma comunicare il recesso in forma scritta inviandone una copia al venditore tramite raccomandata A/R (o altro mezzo – posta elettronica certificata, ad esempio – che dia analoghe garanzie): in questo modo, si è sicuri di poter facilmente dimostrare, con un semplice documento, di aver esercitato il diritto di recesso nel rispetto dei termini previsti dalla legge. A questo proposito, è stato anche predisposto un modulo standard (facilmente scaricabile da internet), che può essere utilizzato per esercitare il diritto di recesso.
Quando l’acquirente-consumatore esercita il diritto di recesso, il venditore è tenuto a rimborsargli tutte le spese sostenute per acquistare il bene o il servizio, entro 14 giorni da quando gli è stato comunicato il recesso.
Insomma, buone notizie per gli amanti dello shopping on line che, dal 13 giugno prossimo, avranno un po’ di tempo in più per eventuali ripensamenti sugli acquisti!
Vi aspetto alla prossima,
Francesca Bonaccorsi
Gentile Dottoressa
La disturbo per avere una precisazione:
in caso di merci restituite nell’esercizio del diritto di recesso, le spese di spedizione per il ritorno dell’oggetto al venditore sono a carico di chi?
Grazie e cordiali saluti
Gentile Lettore,
nell’ipotesi di recesso trattata nell’articolo, le spese necessarie per restituire indietro il prodotto sono a carico dell’acquirente, ma – attenzione! – solo se così era stato in origine espressamente previsto nel contratto di acquisto.
Cordiali saluti,
Francesca Bonaccorsi