Ed ecco aprile. Non il film, il mese; che dedicheremo al cinema arabo. Perché? Perché a Firenze dal 9 al 14 aprile ci sarà il festival di cinema dedicato al cinema arabo Middle East Now; e anche per continuità con l’ultimo film che in realtà era iraniano, quindi persiano, quindi non so quanto i persiani si sentano arabi, e poi per dirla tutta, era girato in Marocco e la regista vive negli Stati Uniti. Il mondo arabo del resto è complicato.
E complicato – nella sua pur estrema semplicità – è questo primo film che ho scelto di guardare: Lebanon. Intanto è un film israeliano, quindi non proprio arabo, che si svolge in Libano. E mettere nella stessa frase Israele e Libano è sempre complicato. Il film è del 2009 e riuscì a vincere il Leone d’oro al Festival di Venezia, ovviamente tra qualche polemica.
La storia, del film, è molto semplice. Quattro soldati israeliani dentro un carro armato si trovano in Libano all’inizio dell’invasione israeliana del 1982, dopo le iniziali presentazioni un quinto soldato fa capolino e impartisce gli ordini della missione. Lebanon non esce mai dal carro armato e tutto quello che vediamo fuori dal carro armato lo vediamo attraverso il mirino. Vediamo la guerra attraverso il mirino.
Il film ovviamente ha suscitato polemiche su come vengono rappresentati i soldati israeliani e su come vengono rappresentati i civili libanesi e i guerriglieri libanesi e siriani. Ci sono anche i falangisti cristiani che ne escono fuori come i peggiori di tutti. Il regista, Samuel Maoz ha partecipato alla guerra del 1982 proprio da dentro un carro armato quando aveva 20 anni e stava facendo il servizio militare obbligatorio e il racconto del film è molto legato alla sua esperienza reale.
Al di là delle polemiche, due pensieri fissi mi hanno tenuto compagnia durante la visione di Lebanon: il primo, scontato ma non del tutto, è che la guerra è una cosa terribile e noi tendiamo a dimenticarcelo – qui la viviamo nei minimi dettagli, nello spazio angusto del carro armato; il secondo, è che se i soldati israeliani sono così – nel carro armato non ne combinano una giusta, e il comandate non ha la più pallida idea cosa significhi comandare – è incomprensibile come l’esercito israeliano sia riuscito a sopravvivere finora (il che è abbastanza inverosimile).