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DiSbieqo Noah (2014)

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noah-locandinaEppure, non amo il genere, non amo i colossal, ma mi sono fatta trascinare e sono andata a vederlo. Dunque qualcosa dovrò pure raccontarvi di questo film…
Noah narra la storia di Noè, ultimo  discendente della stirpe di Set, e della sua impresa di salvare gli “innocenti” dal diluvio universale; storia che nella Bibbia copre i capitoli 5-9 della Genesi, poco particolareggiata, piuttosto vaga. Grande coraggio quello di Darren Aronofsky, regista ateo ma rigorosamente nutrito di cultura ebraica: scrivere della Genesi dal suo punto di vista – anche lo sceneggiatore Ari Handel è di origine ebraica – è un po’ come gettarsi in un vespaio di propria iniziativa.
Qualcuno sostiene che il testo biblico sia stato rispettato, parola per parola, una fedeltà massima che, però, viene completamente distorta dalla resa filmica. L’evento biblico diventa hollywoodiano, si vanta di libertà espressiva, trasforma e manipola – eccome! – gli intenti di partenza.
Il montaggio – rigorosamente serrato per buon parte del film – va a creare spettacolari giochi conditi da abbondante computer graphics, verrebbe da dire – dal gusto molto moderno: scene della Creazione, del Paradiso terrestre e della tentazione racchiuse in pochi minuti rincorsi e accesi da colori vibranti e tendenti al fluo (tendente al ’70). Senz’altro una rivisitazione originale: ma, attenti, non per forza bella.

Difficile non sentire un fastidio nel surrealismo delle scene in cui i Diavoli ribelli si trasformano in mostri pietrosi che sembrano usciti da un fumetto de “Gli Incredibili”, o che rammentano gli Ent,  con tanto di voce baritonale amplificata (dal risultato grottesco e imbarazzante).

Noè piccolo, assiste all’uccisione del padre da parte della stirpe discendente da Caino, dunque rigorosamente “cattiva”. Dal flash-back al presente: Noè è a sua volta padre e ha la visione del Creatore che lo invita a costruire l’arca per salvare le creature innocenti e dare al mondo una seconda possibilità (il problema vero è capire chi siano gli “innocenti”).
Nella prima mezz’ora il ritmo è dilatato, il montaggio normale e il tempo scorre lento quasi da risultare soporifero. Matusalemme, il padre di Noè, interpretato da un Anthony Hopkins senza tempo, ha doti magiche e poteri sovrannaturali (e questo nella Bibbia non risulta); la bimba salvata da una delle tante stragi è interpretata da  Emma Watson: è questo il momento in cui ci chiediamo se siamo finiti dentro un Harry Potter. Il film trasfigura il sacro in un fantasy che va a forzare alcune scelte. Il Dio, che c’è anche se ben nascosto, è un Dio cattivo e vendicativo e Noah è un suo alter ego altrettanto crudele e privo di pietà. Svuotato di humanitas da un lato e carnale e presente dall’altro: Russel Crowe, un po’ invecchiato e appesantito, è un uomo, con tutte le debolezze e le follie dell’umanità. È questo, più di tutto, che colpisce: chi mai sapeva che Noè, nell’immaginario figura docile circondato da animalini innocenti, era un uomo duro, un po’ schivo e soprattutto “deviato”? Io no.

Le interpretazioni non ci convincono: Jennifer Connelly, la moglie di Noè, si spalleggia con Crowe, assieme fanno un personaggio (solo). Ma dove sono tutte queste figure femminili, entranti, coerenti, rassicuranti e decisioniste, nel racconto biblico? Libertà artistiche. E il the offerto da Matusalemme (il the esisteva nell’era antidiluviana?) che stona all’orecchio nostro di uomini e donne moderne che funzione ha?

Ci troviamo in un’epopea mitologica bagnata negli effetti speciali svuota-botteghini. I tratti di Noè ci richiamano la protagonista de “Il cigno nero”: devianza-schizofrenia-dualità.
Quale il compito ultimo per salvare l’umanità? Far strage della nostra stessa carne per essere coerenti e obbedienti al nostro Dio, oppure salvarsi ma nello stesso tempo concedere una seconda possibilità?

Nonostante la spettacolarità di alcune scene, bellissime nelle loro inquadrature aeree le folle di animali in transito verso l’Arca, gli uccelli in volo quasi di Hitchcockiana memoria e i serpenti che strisciano (un po’ troppo velocemente). Non ci convince: troppa metafisica, troppi effetti speciali, troppa enfasi. Troppo sonno…

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Pubblicato il: 12 aprile 2014

Argomenti: DiSbieqo, Quaderni

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