Cari lettori,
in questo nuovo appuntamento di InQuadriamo il diritto parleremo di un argomento che, soprattutto con i tempi che corrono, potrebbe interessare moltissime persone: mutui e finanziamenti che, pur in apparenza perfettamente legittimi e regolari, possono, talvolta, prevedere interessi a tasso usurario.
Sarà sicuramente capitato a molti di voi di sottoscrivere un contratto di mutuo con una banca per l’acquisto o la ristrutturazione di una casa, o di firmare un contratto di finanziamento con una società finanziaria per l’acquisto di un’automobile, di un frigorifero, di un corso di inglese ecc.
Il tasso di interesse è sempre indicato, in questi contratti, in modo assai chiaro, ed è davvero difficile che, in queste ipotesi, il solo tasso di interesse, di per sé considerato, sia usurario (superi, cioè, la soglia massima prevista dalla legge). Tuttavia, per verificare se il contratto è “a rischio usura”, non bisogna limitarsi ad analizzare il semplice tasso di interessi, ma bisogna considerare anche tutte le spese e tutti gli oneri complessivamente previsti fin dall’origine nel contratto a carico del cliente (spese di apertura pratica, spese di istruttoria, tassi di interesse previsti in caso di ritardo nei pagamenti delle singole rate, penali ecc.).
Il calcolo per arrivare a stabilire se il contratto è o meno “a rischio usura” non è semplice: occorre confrontare tutta una serie di parametri che variano, ad esempio, a seconda del periodo nel quale il contratto è stato stipulato, o a seconda del tipo di contratto che è stato stipulato (mutuo per acquisto prima casa, finanziamento per l’acquisto di beni di consumo ecc.). Esistono però dei professionisti (commercialisti ecc.) che possono verificare se tutte le spese e tutti gli oneri previsti nel contratto danno luogo ad un contratto con tassi di interesse usurari.
Se dalla verifica eseguita sul contratto dovesse emergere che questo prevedeva, fin dall’origine, interessi di tipo usurario, si potrà applicare l’art. 1815 del codice civile, che prevede la nullità degli interessi di natura usuraria. Ciò significa, in altre parole, che il contratto stipulato con la banca o con la società finanziaria resterà perfettamente valido, regolare ed efficace nel suo complesso, ma non sarà più dovuto (alla banca o alla società finanziaria) alcun tipo di interesse. Il contratto si trasforma, quindi, in un contratto “a titolo gratuito”, e colui che ha ricevuto il mutuo o il prestito dovrà continuare a restituire (alla banca o alla società finanziaria) soltanto la quota capitale e non anche la quota di interessi. Inoltre, il cliente avrà diritto di ottenere indietro l’importo corrispondente agli interessi pagati sino a quel momento.
Un discorso un po’ diverso vale, invece, nel caso in cui l’usura sia “sopravvenuta” (il contratto prevedeva, in origine, un tasso di interesse legale, e solo in un successivo momento questo tasso è divenuto usurario). In questo caso, in assenza di precise indicazioni normative, le decisioni dei Tribunali seguono talvolta orientamenti differenti: allo stato attuale, una delle soluzione maggiormente adottate in sede giudiziale è quella di ridurre il tasso di interesse che il cliente deve corrispondere alla banca o alla società finanziaria. Non si avrebbe, quindi, un completo azzeramento degli interessi, ma ci sarebbe in ogni caso una loro significativa riduzione. In entrambi i casi, si tratta comunque di un bel risparmio, e di un bel sospiro di sollievo mensile, soprattutto in un periodo così “cupo” per l’economia di moltissime famiglie italiane!
Vi aspetto alla prossima!
Francesca Bonaccorsi