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Dall’Officina Alfa ai FabLab

4_MedaglieRender

di Giovanni A. Cignoni e Carmelo De Maria

La stampa 3d è semplicemente fascinosa: dall’idea si arriva presto al pezzo vero, da toccare e rigirare guardandolo soddisfatti. Si applica a piccole cose personali, ma serve anche alla ricerca e alla prototipazione industriale. La stampa 3d è sempre più vicina a essere alla portata di tutti grazie a tecnologie recenti, ma, come al solito, la storia è più vecchia di quanto ci si possa aspettare.

Nei primi anni ’60 insieme ai primi calcolatori commerciali italiani Olivetti offriva anche sistemi per lavorazioni meccaniche che permettevano di passare rapidamente dai disegni dei pezzi al controllo automatico delle macchine che li creavano.

Alla base c’era il linguaggio PAGET (Programmazione Automatica Geometrica e Tecnologica) con cui si descriveva la geometria dei pezzi. Il programma era poi elaborato da calcolatori Elea 9003 o Elea 6001 che, per i calcoli più complessi si affidavano a MINA (Macchina Interpolatrice Numerica Automatica), una sorta di coprocessore. Il risultato era un nastro magnetico con i comandi macchina che un lettore inviava a torni, alesatrici e fresatrici che ricavavano il pezzo dal metallo.

 

Il manuale del PAGET

Il manuale del PAGET

 

A San Bernardo di Ivrea Olivetti aveva l’Officina Alfa: era il laboratorio dove queste tecnologie erano sviluppate, ma anche un reparto di produzione interna e un centro dimostrativo. Per chi acquistava solo i lettori da collegare alle macchine utensili Olivetti forniva i servizi di elaborazione e preparazione dei nastri. Fiat Aeronautica fu una delle aziende che si dotarono di un sistema completo: lo usò per partecipare alle commesse NATO per la produzione del cacciabombardiere F104G – tanto per dirne una diversa sulle prime applicazioni di una nuova tecnologia…

 

L’Officina Alfa, dietro la vetrata gli Elea in via di installazione (da Notizie Olivetti n. 81)

L’Officina Alfa, dietro la vetrata gli Elea in via di installazione (da Notizie Olivetti n. 81)

 

Allora i sistemi Olivetti erano accessibili solo a grandi industrie. Oggi, sebbene niente avvenga per magia e qualcosa occorra imparare, è sorprendente come sia veloce passare dall’idea al pezzo.

Al Museo degli Strumenti per il Calcolo, per la Notte dei Musei, abbiamo organizzato un torneo su un videogioco storico. Servono le medaglie, le vogliamo originali e insieme tecnologiche. La prima bozza è su carta, la matita è alla portata di tutti, ma l’idea ci vuole. Poi con un CAD 3d si definisce la geometria del pezzo, con Blender, per esempio, che è open source: bisogna solo applicarsi un po’. Un CAD aiuta anche a visualizzare i pezzi per rendersi meglio conto di come stanno venendo. Ma sono ancora medaglie virtuali.

 

La prima idea per la medaglia

La prima idea per la medaglia

 

E qui la palla passa al FabLab Pisa che – non per magia – dal modello virtuale stamperà in 3d le medaglie, vere, da consegnare ai primi classificati.

 

La medaglia in formato STL

La medaglia in formato STL

 

A oggi esistono tante tipologie di stampanti, ognuna capace di lavorare diversi tipi di materiali: dalla cioccolata, al metallo, alla ceramica. Le stampanti 3d a filamento, il tipo più diffuso e che usiamo anche al FabLab Pisa, realizzano oggetti complessi in plastica (ad esempo in acido polilattico – un derivato del mais) a partire da un filo avvolto in una bobina. Il funzionamento è intuitivo: immaginiamo una penna che invece di far uscire inchiostro, scalda la plastica e ne estrude un filo molto sottile (intorno a mezzo millimetro) che si irrigidisce subito dopo. In questo modo sarà possibile costruire una fetta del nostro oggetto 3d: il trucco sta ora nel disegnare un’altra fetta sopra quella appena realizzata e così via, fino ad ottenere l’oggetto finale. La stampante 3d è un sistema capace di muovere la “penna” secondo un ben preciso percorso a strati.

Il modello virtuale è esportato in un formato STL (per STereoLithography) che ne descrive la superficie esterna attraverso una rete di triangoli. Poi, un po’ come succedeva all’Officina Alfa, un calcolatore (oggi un pc) elabora l’STL con un programma di slicing che “affetta” la medaglia e genera il G-Code: i comandi macchina necessari per disegnare le fette una dopo l’altra.

 

Una schermata del processo di slicing

Una schermata del processo di slicing

 

Infine il G-Code viene inviato alla stampante 3d, direttamente connessa al pc, oppure attraverso una schedina SD – come quelle delle macchine fotografiche digitali e, di nuovo, l’analogia è con i nastri magnetici dell’Officina Alfa.

Il cervello della stampante 3d, nelle amatoriali di solito un Arduino Mega, legge le istruzioni e guida i motori della stampante. Un po’ di pazienza e la medaglia è pronta.

 

Una delle prime prove di stampa

Una delle prime prove di stampa

 

Allo stesso modo possono essere realizzati una miriade di oggetti: dai gioielli, ai giocattoli, da strumenti da laboratorio a interi robot umanoidi. Riconoscenti a tutti quelli che, sin dai tempi dell’Officina Alfa, hanno lavorato per mettere a punto sistemi e tecnologie, oggi a noi serve solo un po’ di fantasia.

 

8_RobotInMoov

InMoov, il robot stampato al FabLab Pisa in collaborazione con il FACETeam

 

 

In copertina Il render 3d delle medaglie

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Pubblicato il: 14 maggio 2014

Argomenti: Cultura-Tech

Visto da: 2369 persone

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Una risposta a: Dall’Officina Alfa ai FabLab

  1. avatar Rita scrive:

    Speriamo mettano una stampante in Comune così stampiamo i Pokemon, le dentiere e le canoe https://www.youtube.com/watch?v=BJJsAw4FdY8

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