di Ilaria Francalanci per il Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati di Pisa
Oggi (ieri, ndr) si è conclusa la prima prova dell’Esame di Stato. Niente di nuovo: infatti, come gli anni passati, su sette tracce, il corretto svolgimento di cinque di esse richiedeva la conoscenza approfondita di alcune tematiche che vengono trattate da una disciplina messa al bando dallo stesso Ministero dell’Istruzione: la geografia economica. Sì, perché la teoria malthusiana, le politiche di contenimento demografico, lo sviluppo delle città, la fragilità del paesaggio, la non violenza o la dottrina della Silicon Valley sono argomenti di cui si può scrivere solo se dotati di una approfondita conoscenza, soprattutto, quando il corretto svolgimento della traccia richiede espressamente “di articolare in modo motivato le personali considerazioni e convinzioni”. Ecco che allora sorgono serie perplessità sulla scelta del Ministero che, miope, va ostinatamente a scontrarsi con se stesso: non solo ha tolto la geografia economica dal triennio degli Istituti Tecnici Commerciali ma perpetua l’assenza di tale disciplina dai trienni di qualsiasi altro ordine della secondaria di secondo grado per poi chiedere a mezzo milione di ragazzi alla fine di un percorso scolastico durato cinque anni una riflessione sulle “nuove responsabilità”, suscitando perciò un dilemma di tipo shakespeariano: essere o avere?
Non può essere di certo l’imbarazzante sintesi di geostoria del biennio dei licei a far comprendere tematiche complesse come quelle richieste dalle tracce dell’Esame di Stato e non possono essere i docenti di altre materie a spiegare una disciplina che analizza, interpreta e sintetizza, nei suoi molteplici e complessi aspetti, il rapporto tra ambiente naturale e uomo. Sarebbe come dire che un esame di anatomia autorizza a svolgere la professione di medico e affidare la geografia economico-politica a chi di geografia non possiede le competenze per insegnarla costituisce un vero e proprio condono all’abusivismo intellettuale.
Sull’onda dell’entusiasmo di riforme che dovrebbero rilanciare l’Italia, resta la speranza che la geografia politico-economica, come sostenuto da tempo dal Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati, trovi una nuova e adeguata collocazione tra le materie insegnate nelle scuole superiori e che a farlo siano docenti in possesso delle specifiche competenze che la complessità della disciplina richiede. Con tracce di questo tipo, a chiederlo al Ministero, è il Ministero stesso.