Un presidio di fronte all’aeroporto Galilei. Una mobilitazione, quella di venerdì mattina, a sostegno dei lavoratori delle aziende appaltatrici impegnati nei servizi di pulizia e facchinaggio
A volantinare di fronte alle partenze i lavoratori aderenti a Cobas servizio privato. “Questi lavoratori – dicono Federico Giusti e Marcello Pantani dei Cobas pisani – stanno subendo condizioni di lavoro regolate non tanto dalle normative in vigore, quanto imposte dalla legge della giungla. Una condizione comune a gran parte degli appalti, quelli pubblici inclusi”.
Mentre intorno al Galilei si è assistito a una grande mobilitazione cittadina contro la privatizzazione per mano di Eduardo Eurnekian, “poco o nulla viene detto e scritto sui facchini del Galilei, gran parte immigrati di etnia filippina (una trentina dei circa 70 lavoratori hanno aderito ai Cobas)”.
Con questa iniziativa i Cobas intendono aprire una vertenza con le cooperativa Arca e Cooplat finalizzata a migliorare le condizioni di vita e di lavoro di questi lavoratori, chiamando in causa allo stesso tempo la Sat che in qualità di committente che, sottolineano “ha degli obblighi da rispettare”.
“I lavoratori – spiegano i Cobas – sono stati assunti con contratti diversi, che presentano un autentico sventagliamento di diversificazione del monte-ore individuale; hanno l’orario di lavoro spezzettato in svariate frazioni, anche molto distanti tra loro, nell’arco della giornata”.
Fra le criticità rilevate dai Cobas “carichi di lavoro insostenibili” e in “condizioni in cui l’apparato muscolo-scheletrico (in dispregio delle norme sulla sicurezza) viene sottoposto a una intensificazione continua dello sfruttamento, che pregiudica integrità fisica e stato di salute. Non hanno, in poche parole, garantiti e rispettati i loro diritti”.
In particolare Giusti e Pantani riportano un caso particolare, quello di un lavoratore che, spiegano è “risultato da visita medica inadeguato alla mansione di facchinaggio. La ditta lo ha assegnato alla mansione di pulizia, dimezzandogli le ore e in alternativa, gli ha “offerto” di svolgere le ore mancanti. Abbiamo già chiesto alla ditta di rinunciare a questa ‘soluzione’ e di completare l’incarico lavorativo al proprio dipendente nell’area pisana con mansioni compatibili con la sua situazione di salute. Dopo avere ricevuto un rifiuto netto e categorico, abbiamo replicato la nostra richiesta ma senza ricevere risposta.
Nel frattempo i Cobas si sono nel frattempo rivolti alla medicina del lavoro e annunciano “in caso di mancate soluzioni” altre e “più clamorose forme di lotta”.