La loro pratica al momento non è stata presa in carico da nessun sindacato, ma la vicenda che le riguarda fa già parlare di sé perché arriva a meno di due mesi da un’apertura celebrata e festeggiata anche dalle istituzioni. Parliamo della catena di abbigliamento H&M e del nuovo fiammante store in Corso Italia, nella prestigiosa sede di Palazzo Vincenti dove sono state licenziate 4 persone delle 13 assunte a Pisa.
A segnalarci il loro licenziamento le due interessate, meno di 30 anni l’una, con la delusione per un rapporto di lavoro finito troppo presto, ancor prima dello scadere del periodo di prova, metà agosto per una di loro. Assunte con contratto part time di 6 mesi e con un periodo di prova di due mesi, raccontano entrambe di aver lavorato con colleghi assunti con varie forme contrattuali: part time, full time e contratti a chiamata. I neo assunti hanno prima svolto la formazione, a maggio, dove lavoravano affiancando i colleghi e le colleghe più esperte, per poi passare all’allestimento del negozio di Pisa e infine cominciare.
La scorsa settimana i primi licenziamenti: “Sono entrata al lavoro e dopo un’oretta mi hanno chiamata in ufficio comunicandomi che ero licenziata. Non hai superato il periodo di prova, mi hanno detto, mentre i feedback sul mio conto invece erano positivi”, raccontano entrambe in un’identica versione. Durante questi due mesi infatti è previsto l’invio di valutazioni ai responsabili sull’andamento dei neo assunti, che nel racconto delle ragazze non lasciavano presagire criticità.
Né preavvisi di sorta, del resto non previsto in quel loro contratto che in quei 60 giorni concede ampia libertà di movimento, da entrambe le parti: “Sul contratto c’era scritto che in questo periodo sarei potuta andar via a mia scelta, senza preavviso, e questo valeva anche per loro”, racconta una delle due.
Concorda su questo punto anche l’azienda, che in serata ieri ha affermato che nel punto vendita di Pisa “non è stato attuato nessun licenziamento senza preavviso”. “Quattro dipendenti non hanno superato il periodo di prova – si legge nella nota di H&M Italia – previsto nella loro formula contrattuale. Per questo motivo l’azienda, nel rispetto delle norme vigenti, ha deciso di interrompere il rapporto di lavoro”.
“Al momento tre nuove persone sono già state inserite – si legge ancora – la quarta posizione è in fase di finalizzazione. Il nostro approccio ha una forte connotazione etica e si basa sul rispetto verso ciascun individuo. Crediamo nei nostri dipendenti – sottolinea – e agiamo sempre con la massima correttezza nei loro confronti”.
E se in un’altra circostanza, forse, la stessa situazione sarebbe rimasta un silenzioso episodio di rigide politiche aziendali, occhi puntati su questo negozio dopo la grande attenzione mediatica sulla sua apertura. La Filcams Cgil si dice “attenta al problema delle diverse formule contrattuali adottate nel settore commercio, con l’improprio ricorso al job on call o periodi di prova molto lunghi”.
A prendere parola subito sulla vicenda è la lista civica Una città in Comune/Rifondazione Comunista, che domanda: “Si cerca di risparmiare sui lavoratori magari assumendo altro personale con contratti meno onerosi e più precari?”
E che incalza sulla multinazionale: “H&M è convinta di poter fare ciò che vuole della vita delle persone in nome del proprio profitto. Tutto ciò non è tollerabile e non può restare nel silenzio. La vertenza di queste lavoratrici e lavoratori è un fatto che riguarda tutta la città”. La lista civica esprime infine il sostegno e la piena solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori licenziati e chiede “che gli Enti locali non solo prendano posizione su questa vicenda, ma si facciano soggetti attivi perché la multinazionale faccia dei passi indietro riassumendo il personale”.
Beh? E questa sarebbe una notizia?
Forse il modo migliore per far riflettere questa multinazionale su che cosa significhino realmente espressioni come “forte connotazione etica” e “rispetto verso ciascun individuo” sarebbe l’avvio di una campagna di boicottaggio da parte dei cittadini pisani. Credo sia l’unica forma di protesta che questo tipo di aziende siano disposte ad ascoltare. Purtroppo, infatti, dopo che il centro-sinistra, sin dai tempi del pacchetto Treu, ha dato il via libera alla precarizzazione del lavoro anche in Italia, sul piano legale gli strumenti a disposizione per difendere la sostanza dei diritti dei lavoratori sono ben pochi, e saranno probabilmente sempre meno in futuro, se non ci svegliamo.