Sono stati presentati in Cassazione quattro quesiti abrogativi sul pareggio di bilancio ed è partita qualche giorno fa la raccolta delle firme. I promotori sono: Mario Baldassarri, professore universitario di economia politica; Danilo Barbi, Cgil nazionale; Leonardo Becchetti, professore universitario di economia politica; Mario Bertolissi, professore universitario di diritto costituzionale; Melania Boni, dirigente pubblico; Flaviano Bruno, consulente; Rosella Castellano, professore universitario di finanza matematica; Massimo D’Antoni, professore universitario di scienza delle finanze; Paolo DeIoanna, consigliere di Stato; Antonio Pedone, professore universitario di scienza delle finanze; Laura Pennacchi, responsabile Forum Economia Cgil; Nicola Piepoli, presidente Istituto Piepoli; Gustavo Piga, professore universitario di economia politica; Riccardo Realfonzo, professore universitario di economia politica; Giulio Salerno, professore universitario di diritto pubblico; Cesare Salvi, professore universitario di diritto civile. DI seguito pubblichiamo l’intervento di Francesco Cecchetti, coordinatore provinciale di SEL, in cui spiega le ragioni del referendum e l’invito a partecipare a questa campagna.
Pochi sono gli italiani che hanno dimestichezza con la legge 243 del 2012, votata in gran velocità da una larghissima maggioranza parlamentare, che allora sosteneva il governo “tecnico” di Mario Monti. “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art. 81, sesto comma, della Costituzione” si legge; era la legge che andava a mettere in pratica l’esigenza del pareggio di bilancio, da poco inserita in costituzione, senza peraltro che nel paese o in parlamento si fosse assistito al minimo dibattito in merito.
Un gruppo di economisti, sindacalisti e parlamentari ha deciso di promuovere un referendum per mettere in discussione quella legge. I quesiti sono in tutto quattro, quattro “sì” tesi a modificare l’applicazione dell’equilibrio di bilancio come è stata introdotta dal parlamento italiano.
In caso di vittoria il parlamento ed il governo non potrebbero fissare obiettivi di bilancio addirittura più gravosi di quelli definiti in sede europea; sarebbe abolita la corrispondenza tra il principio costituzionale di bilancio ed il così detto “obiettivo a medio termine”; l’Italia potrebbe ricorrere all’indebitamento per realizzare operazioni finanziarie (oggi è vietato); e, infine, il meccanismo di correzione che impone tasse o tagli alla spesa pubblica in caso di non raggiungimento del pareggio di bilancio si attiverebbe solo quando previsto dall’Unione Europea e non dai trattati internazionali.
500 mila firme entro 90 giorni per affermare il principio che la vita delle persone vale di più che un bilancio in pareggio. Ed il punto dirimente della questione, che ancora una volta giustamente è l’Europa e le sue politiche. L’Europa che sognavamo, quella di Altiero Spinelli o di Ernesto Rossi, era l’Europa dell’allargamento dei diritti, del welfare, dello sviluppo culturale e civile di un intero continente, della pace e dell’integrazione.
Ci siamo ritrovati con un’Unione in cui le uniche istituzioni a contare davvero sono quelle meno democratiche, mentre il parlamento resta spesso inascoltato; il vincolo del 3% ed il Fiscal Compact hanno messo al bando persino Keynes e la possibilità degli stati di praticare una politica espansiva e di investimenti, consegnandoci un continente dalle inaccettabili disuguaglianze: 120 milioni di poveri per restare agli ultimi dati, con il 10% del Pil europeo (240 miliardi di euro) trasferito in pochi anni dal lavoro alla rendita finanziaria e con una divaricazione crescente tra paesi.
Da questo punto di vista è evidente che i quattro referendum possono essere utili a riportare al centro del dibattito questi temi ma non possono essere sufficienti. Quello di cui c’è bisogno è lavorare alla costruzione di un campo largo che nel nostro paese ed in Europa abbia la forza di
imprimere una inversione di tendenza alle politiche del rigore; un campo che coinvolga non solo lo spazio del centrosinistra ma anche quel vasto insieme di realtà sindacali, associative e di volontariato che si confrontano tutti i giorni con la materialità della crisi. Approfittando anche degli spazi che si sono aperti in Europa dopo queste elezioni e delle opportunità che potrà offrire il semestre italiano.
Per questo non vogliamo invitare a firmare per i referendum, non soltanto. Vorremmo che tutti ci attivassimo, partecipassimo, agissimo e costruissimo insieme un’Italia ed un’Europa diverse e migliori.
Francesco Cecchetti
Coordinatore provinciale Sinistra Ecologia Libertà- federazione di Pisa