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Olio con la “neve carbonica”, l’Università brevetta un nuovo metodo di estrazione

olive

Estrarre l’extravergine di oliva grazie all’utilizzo della “neve carbonica”, cioè dell’anidride carbonica allo stato solido. E’ questa l’idea alla base del brevetto ideato dai ricercatori del dipartimento di Scienze agrarie alimentari e agro-ambientali dell’Università di Pisa. Il gruppo – coordinato dal professor Gianpaolo Andrich e composto da Angela Zinnai, Francesca Venturi, Chiara Sanmartin, Maria D’Agata e Isabella Taglieri – è al lavoro su questo progetto dal 2008.

I vantaggi della nuova tecnica messa a punto sono diversi: una maggiore resa (in media il 9% in più, cioè 17,4 kg di prodotto invece di 16 kg per 100 kg di olive), una migliore qualità nutrizionale dell’olio (che ad esempio contiene  in media il 6% in più di vitamina E) e una maggiore resistenza ai processi ossidativi, tanto che il prodotto ottenuto può essere conservato più a lungo di quello ricavato utilizzando le tecnologie convenzionali.

“Addizionare l’anidride carbonica allo stato solido alle olive prima della frangitura –spiega Gianpaolo Andrich – rappresenta l’operazione fondamentale che caratterizza questo nuovo sistema di estrazione. L’anidride carbonica solida provoca il congelamento dell’acqua presente all’interno dei frutti e la formazione di cristalli di ghiaccio che a loro volta determinano il collasso della struttura cellulare della polpa, facilitando la fuoriuscita delle sostanze e il loro trasferimento nell’olio, che si arricchisce così in metaboliti cellulari ad elevato valore biologico. Inoltre l’anidride carbonica gassosa è più pesante dell’aria per cui tende a restare al di sopra della pasta delle olive in lavorazione, creando uno strato gassoso in grado di evitare il contatto diretto con l’ossigeno dell’aria e quindi di preservare i costituenti cellulari dalla degradazione ossidativa”.

“L’olio extravergine prodotto utilizzando il nostro brevetto – prosegue il coordinatore del gruppo di ricerca – è più strettamente legato alla materia prima utilizzata, alla tipologia di olive lavorate e alla loro zona di produzione, e dunque si presenta come un prodotto tipico contraddistinto da chiare ed inconfondibili caratteristiche organolettiche, più facilmente riconoscibili e identificabili dal consumatore”.

Ma i vantaggi di questa nuova tecnica sono anche per i produttori.  L’aumento della resa rende infatti economicamente sostenibile una raccolta precoce delle olive, che essendo meno mature saranno più ricche in acqua e in componenti bioattivi (polifenoli, tocoferoli), limitando allo stesso tempo i danni derivanti dagli attacchi della Bactrocera oleae (la mosca dell’olivo), una delle avversità più temute dagli operatori del settore, in grado di condizionare sensibilmente sia la resa che la qualità dell’olio prodotto.

 foto da Flickr – Peter Firminger  

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Pubblicato il: 3 ottobre 2014

Argomenti: Pisa, Scuola-Università

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