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Il primo fiasco non si scorda mai

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Fiasco Uno – il primo disco di Ico Gattai. Sabato 11 ottobre la presentazione all iOFF, al Cantiere Sanbernardo (ore 20.30, ad aprire le danze Tozzifan). J. Questurucci lo ha intervistato per paginaQ.

 

Ico, se il jazz è bello quando dura poco, perché il tuo disco dura 15 minuti? È un disco jazz?

Fiasco Uno non è un disco jazz, penso sia solo un dischino che ha subito la velocità mentale come  nutrimento forzato.  Sono 10 canzoni, 10 flescioni veloci. Veloci nel senso di brevi. I pezzi di un minuto mi fanno pensare ai Residents del Commercial Album, 40 pezzi di un minuto l’uno, in un minuto puoi dire un sacco di cose.

Ascoltando questo disco sentiamo un Ico Gattai che noi conosciamo bene, che abbiamo seguito in tutte le sue molteplici esperienze. Ma con una sorprendente novità: questo disco pur essendo lo-fi, è un oggettino di tutto rispetto, è registrato bene. Cosa è successo?

Ho incontrato Davide Barbafiera, il Rick Rubin di Riglione, un tipo molto eclettico e verace che mi ha prodotto il disco. E’ entrato nello spirito dei pezzi in un minuto. L’abbiamo registrato in camera mia, chitarra distorta e volume alto. Davide ne sa fare troppe, credo sia sul libro-paga di qualcuno, ma non ho ancora capito chi.

 

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Fiasco Uno esce per la Punisci i Tuoi Genitori, che etichetta è?

E’ la piccola ma fiera etichetta di Luciano Turella (e del suo gruppo storico, I Soli d’Agosto), batterista dei Delay Lama e agitatore underground. Stiamo anche pensando di suonare Fiasco Uno in trio, Turella alla batteria e Barbafiera al basso. Però io non riesco a cantare e  suonare insieme, quindi ci vorrà anche un chitarrista un po’ post-rock e un po’ pastrocc.

Ico, come si spiega che ai tuoi concerti, o a quelli di Totino Setzi, la gente sta davanti e canta?

Forse perché  scriviamo testi sinceramente idioti e  c’è una carenza di testi volatili ma non  disimpegnati, ossia impegnati, ma in un mondo parallelo.

Pronunciamo, all’inglese, questa orribile parola  -indie-  L’indie-rock, in Italia, si prende troppo sul serio?

A me  i testi in italiano piacciono molto raramente, succede quando ci sento quella zuppa di demenza, intuizione, follia, intelligenza macerata, poesia malandata, allegria e malessere…. Quando ti riesce quel giochino lì, che dici una cosa che non ha senso, ma che invece un senso ce l’ha, o quantomeno ti ci arzigogoli dentro, hai vinto. Sono un umile seguace di Freak Antoni. I cantautori seriosi la parola cantautore l’hanno rovinata. Se mi chiamano cantautore io mi offendo. L’accoppiata indie-rock e cantautorato sta producendo una discreta coltre di noia travestita da sentimentalismo filosofico quotidiano.

Fra quelli che cantano in italiano chi ti garba?

Il mio cantautorato ideale inizia e finisce in un disco solo. Suicidio di Faust’O, 1978. Poi certo, stravedo per il primo Paolo Conte, il primo Jannacci, il primo Bugo, il terzo e quarto Piero Ciampi, senza dimenticare Bobo Rondelli e ovviamente gli Skiantos.

Negli ultimi tempi abbiamo assistito impotenti al tour degli Africa Unite che festeggiavano il ventennale di Babilonia e Poesia, (loro album ispiratissimo) con scaletta e strumentazione dell’epoca. Poi ecco la seconda versione di Curre Curre Guagliò dei 99 Posse, con ospiti nuovi (non è uno scherzo). Gli Afterhours hanno riesumato –hops- rimasterizzato, nel ventennale della pubblicazione,  il loro capolavoro (sic) Hai paura del buio. E dulcis in fondo, i Marlene Kuntz che portano in tour Catartica, l’album dell’esordio di 20 anni fa. Ora, va bene che negli ultimi 20 anni abbiamo avuto Berlusconi, ma noi, probabilmente, non meritavamo di più?

Mi fanno tristezza quelli che pagano 10 o 20 euri per roba così. Però magari c’è una donna, o un uomo, che li aspetta sotto il palco, e la tristezza passa.

Lo stato della musica a Pisa?

A parte quelli ce l’hanno fatta, con merito e spessore, come Zen Circus e Gatti Mézzi, c’è tanta altra roba molto buona: Delay Lama, Tommaso Tanzini, Le Tute, Tom Moto, Herrera, Riseupagain, Zampironi, Bugz e altri quarantaquattro…  Brunori da quando ha lavorato coi Gatti Mézzi è migliorato un sacco.

 

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Un giovane Benigni diceva: quando nasce qualcuno che poi diventa importante non se ne accorge nessuno. Noi, che ti seguiamo da prima che tu aprissi il concerto degli Zen Circus nel cesso di HOPS (cantiere sociale temporaneo occupato per 5 giorni nel 2001), cosa dovremmo dire a quelli che ti scopriranno tra 5/6 anni e diranno “è un grande cantautore”?

Gli diremo che loro di musica e cinema non ci hanno mai capito un cazzo. Comunque il concerto non era nel cesso, lì ci suonarono da soli, mi fecero fare un pezzo durante il loro concerto nel salone centrale.

Non preoccuparti, i concerti che entrano nel mito si sono svolti ovunque, anche sul Monte Serra. E c’erano tutti a vederlo, un po’ come a Pisa erano tutti di lotta contigua.

Pisa, la città dell’ IO C’ERO.

Anche te sei uno di quelli che il primo disco dice già tutto?

Sì, bisognerebbe fare una legge per garantire un primo disco a tutti. Poi però vai a lavorare.

 

J. Questurucci

 

 

Foto di Emmepi

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Pubblicato il: 10 ottobre 2014

Argomenti: Cultura, Eventi, Pisa

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