Con le loro bandiere hanno composto la carta geografica del Sud America nel cortile del rettorato, salutando così l’Università di Pisa che li ospiterà per due anni.
Sono i ragazzi di “Inclinados hacia América Latina”, il progetto promosso direttamente dall’Ateneo per gli studenti di paesi latinoamericani, che per il terzo anno consecutivo arrivano in città per frequentare un corso di laurea magistrale. I ragazzi – oltre una trentina – provengono da Perù, Messico, Costa Rica, Argentina, Colombia, Venezuela, Honduras, Brasile, Cile e, per la prima volta, da Cuba. Grazie a una borsa di studio e altre agevolazioni, potranno seguire le lezioni nei vari dipartimenti e frequentare un corso di italiano al CLi, seguiti da una tutor madrelingua, Belkis Hernández, in servizio presso l’International Office del rettorato.
L’Università ha raccolto le loro storie.
Il primo degli “Inclinados” arrivato ormai due anni fa è Guillermo Gardella, 27 anni, argentino di Cordoba, già laureato in Economia, che ha scelto di venire a Pisa per seguire il corso in “Banca, finanza aziendale e mercati finanziari”: “Dopo la laurea all’Università nazionale di Cordoba avevo voglia di fare un’esperienza all’estero”, dice Guillermo. “Ad aprile 2012 ho scoperto l’esistenza del progetto promosso dall’Università di Pisa visitando l’Expò EuroPosgrados, una fiera argentina dedicata alle università europee, e dopo pochi mesi sono arrivato qua. Nel mio Paese non c’è la possibilità di frequentare un corso in Finanza in una università pubblica e Pisa mi ha dato anche questa opportunità”.
Guillermo, il cui bisnonno era originario di Genova ed emigrato in Argentina nei primi del Novecento, deve sostenere ancora quattro esami e probabilmente entro luglio conseguirà la sua laurea italiana: “Pisa mi ha accolto molto bene e il mio desiderio sarebbe rimanere qua e trovare un lavoro nel settore bancario e finanziario. Anche perché da poco mi ha raggiunto la mia ragazza Pilar, una dei nuovi “Inclinados” argentini – in tutto siamo 5 – che studieranno qua per due anni”.
Dal Messico, per ora, l’unica arrivata è Diana Carmona che, per sdrammatizzare, si è presentata con un paio di baffoni neri tipici del suo paese. La ragazza ha 27 anni, è laureata in Chimica farmaceutica e Biologia nel campus di Tabasco della Universidad Autónoma de Guadalajara, e qui sta frequentando il secondo anno del corso in Biosicurezza e qualità degli alimenti: «Sono stati alcuni studenti pisani in Erasmus a Madrid a parlarmi del progetto “Inclinados” ed è così che ho deciso di venire qui – racconta Diana – A Pisa mi sono ambientata molto bene, abito con quattro ragazze italiane e frequento il corso di lingua al CLi». Alla domanda su cosa le manca di più del Messico, Diana risponde senza esitazione “il cibo piccante!”, anche se ci tiene a sfatare alcuni miti sul suo Paese: «Mi piacerebbe far sapere a tutti gli italiani che il chili con carne e il burrito non sono tipici messicani – li hanno inventati gli americani – che non portiamo il sombrero e che non siamo così pigri come di solito veniamo descritti».
Tutti le chiedono come ha fatto a lasciare il mare e il clima dei Caraibi, ma Susan Velasquez, 36 anni, di San José in Costa Rica, non ha dubbi: «Sognavo l’Italia da molto tempo e il progetto “Inclinados”, scovato su internet, mi ha dato un lasciapassare per arrivare qua». In Costa Rica Susan lavorava già da otto anni come psicologa per il Ministero delle Politiche sociali ma, con un’aspettativa di due anni, potrà specializzarsi a Pisa studiando Psicologia clinica e della salute: «Sono arrivata due mesi fa ma mi sento già a casa – racconta Susan – Certo, mi mancano il sole, il clima caldo e il cibo caraibico, come il black beans and rice, la banana verde e la zuppa di fagioli, ma sono entusiasta di fare questa esperienza e sono sicura che a Pisa mi troverò benissimo». Del Costa Rica Susan ci tiene a ricordare alcune caratteristiche, forse poco conosciute: «Il nostro è un Paese con due oceani, dove non esiste l’esercito perché siamo una nazione pacifica e dove tutte le risorse vengono investite nelle politiche sociali, nell’educazione, nella salute. Queste sono le cose più belle del mio Paese».
La vera sorpresa del progetto “Inclinados” di quest’anno è Yanoski Mesa Ilizastegui, studente di 33 anni che viene da Cuba, probabilmente il primo in assoluto all’Università di Pisa. Yanoski, laureato in Ingegneria delle telecomunicazioni ed elettronica, lavorava all’Habana, a capo di un piccolo gruppo in un’azienda del settore dell’ICT che forniva servizi internet in particolare a hotel e strutture turistiche. In Italia è potuto arrivare grazie a un amico italiano di suo padre, originario di Castelfranco di Sotto in provincia di Pisa, che ha garantito per lui, e così Yanoski ha potuto iscriversi alla laurea magistrale in Ingegneria elettronica: «Uscire dal mio Paese è molto difficile, ma non impossibile – spiega lo studente – servono una motivazione, molti documenti e ovviamente un sostegno economico. Se sono arrivato qui a Pisa, dove c’è una università bellissima e gente bellissima, è grazie all’amico di mio padre e al progetto “Inclinados”, che offre molte agevolazioni per stare qua».
Tra poco Yanoski si trasferirà in un appartamento con altri tre italiani e potrà conoscere da vicino le abitudini di vita dei suoi coetanei: «Quando sono arrivato qui le persone mi sembravano molto fredde e distaccate, ma poi ho capito che era solo un modo diverso di porsi con gli altri rispetto a noi cubani».
Cresciuto in un paese comunista, con un embargo che dura dagli anni cinquanta, abituato a sfruttare al massimo le poche risorse che ci sono, Yanoski è rimasto molto sorpreso dal modo “consumistico” di vivere la vita in Italia. Belkis, la tutor degli studenti, ha raccontato che Yanoski è stato l’unico degli studenti latinoamericani a consegnare la documentazione in formato digitale, rimanendo stupito di come qui viene “sprecata” la carta: «Da noi non si spreca niente – commenta il ragazzo – e con solo una piccola parte delle risorse che avete qui, a Cuba si potrebbe fare tantissimo». Alla domanda se qui a Pisa si sente solo, Yanoski risponde con una frase che contiene tutto l’orgoglio cubano: «Io non mi sento solo, da noi si dice che “un cubano può più che un esercito unito”».