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Lenticchie Lettera al Presidente

mattarella

Caro presidente, non scrivo per compiangerti. Ti invio questa missiva solo per darti un paio di delucidazioni dal basso, insomma, per aiutarti nell’espletamento delle tue funzioni


Caro neoeletto Presidente della RES PVBLICA ITALIANA,
come sei bello (cit.).

Probabilmente in questo momento starai stringendo mani unticce e pensando a quanti furgoni dovrai noleggiare per traslocare al Quirinale. Dice la vista sia bella, certo impacchettare tutti i piatti nel giornale fa veni’ voglia di dimettersi subito, altro che doppio mandato.

Ma non ti scrivo per compiangerti, per quanto stringere la mano a Brunetta debba essere stato uno sforzo notevole, sia dal punto di vista etico sia da quello lombo-sacrale.

Ti invio questa missiva solo per darti un paio di delucidazioni dal basso (no, non tu Brunetta, a te ti ho già citato prima, fammi lavorare), dicevo, per darti qualche dritta (no, non tu Silvio, dritta nel senso di “informazione”), dicevo, insomma, per aiutarti nell’espletamento delle tue funzioni.

In primo luogo, la Sindrome del Corazziere. Ce ne hanno parlato in tutte le salse, in questi giorni, ed è una patologia che segue più o meno questo decorso: chiunque, anche il più insignificante degli omuncoli, quando si vede affiancato da due cristi alti e larghi come piloni di cemento che sbattono i tacchi a ogni suo passaggio, chiunque, per l’appunto, inizierà a sentirsi onnipotente.

Ecco, Neoeletto, tu non lo sei. Te lo fanno credere, ma non lo sei.

Diciamo che più che altro vengono a disturbarti quando c’è da sciogliere le camere (ah, magari qualcuno avesse mai interpretato questo incarico alla lettera…), creare pozioni da cui vengano su governi tecnici atti a mandarci tutti in mezzo alla strada cum pezzis ad culum, fare le foto con il papa o con qualche atleta che ogni tanto arriva primo alle olimpiadi – i migliori sono i calciatori: venti caciottari a cui mettere la medaglietta al collo tentando di rattoppare un discorso sulla valenza culturale dello sport, per poi voltarti e vedere Buffon che si scaccola col mignolo (e tu manco sai chi è Buffon).

E questo per sette anni. Stop. E ancora ti chiedi se vale la pena traslocare.

In secondo luogo, i viaggetti all’estero. Supponendo che tu sia in buoni rapporti con gli altri capi di Stato, si pone il problema della lingua. Ora, dal momento che sicuramente avrai più di cinquant’anni, farai parte di quella generazione che a scuola imparava i nomi di tutti i brigatisti e tirava palle di merda incendiarie nei cortei socialisti. Niente, neanche un the cat is on the table ha mai scalfito il tuo cervello. Poi vabbè, che in Italia l’inglese venga usato tanto quanto le gallette di riso al McDonald si sa. E si sa pure che i politici sono grandi sostenitori della scuola Aggèsti, il cui maggiore esponente ad oggi è Renzi, meglio noto come Shish.

Epperò ti toccherà prendere qualche lezione di inglese perché, e non ci crederai, fuori dall’Italia parlare in italiano non vale. Al massimo, questo sì, potrai portarti un interprete, che non è il massimo dello stile ma ti farà sentire più a tuo agio. Soprattutto se è pure corazziere.

In ultimo, i discorsi alla nazione. Che è la parte più scocciante, me ne rendo conto. Insomma, a Natale tu sei lì che ti scofani la sesta fetta di pandoro e questi ti vengono a prelevare e ti piazzano in uno sgabuzzino. Ti levano lo zucchero a velo dalla giacca, incastrano tra te e la telecamera una scrivania su cui dovrai poggiare comodamente le braccia ad angolo retto e con due sputazzi appiccicano una bandiera tricolore e un poster raffigurante una libreria alle tue spalle. E poi ti dicono “Manda un messaggio alla nazione”.

Eh, facile così. Ma le braccia piegate in quel modo minacciano di lussarsi e tu davanti agli occhi non vedi altro che quel pandoro galleggiante, unico pasto solido dopo un anno di buffet di merda al Quirinale, all’impiedi e mentre sei costretto a parlare con la delegazione giapponese che si esprime in un irritante inglese perfetto, spiluccando caviale, carpaccio e salsa rosa che sarà pure roba da ricchi ma ti si riproporrà fino al duemilasettecento. Mica sei più un pischello. La disperazione, ecco, la nuda disperazione ti porterà a esprimere speranza, vicinanza e solidarietà al tuo popolo. Gli italiani ti guarderanno e alcuni penseranno che sei proprio uno coi controcazzi. Altri invece sbraiteranno che non sei il loro presidente.

I corazzieri, nel frattempo, saranno entrati in sala da pranzo e, non trovandoti, decideranno che quel
pandoro non va sprecato e se lo magneranno tutto loro.

Sette anni di prosperità,
cordialmente,

Alessia R. Terrusi.

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Pubblicato il: 1 febbraio 2015

Argomenti: Lenticchie, Mondo, Politica, Quaderni

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