Il direttore del Parco di San Rossore Andrea Gennai risponde alle polemiche sollevate nei giorni scorsi, spiegando che si è trattato di un malinteso: “Intervento in ottica naturalistica, la ditta ha guadagnato 3.000 euro per due mesi di lavoro”
“Non c’è nessuna ipotesi di speculazione dietro al disboscamento effettuato lungo la via Pisorno, il taglio drastico servirà ad accrescere la biodiversità dell’area e a mettere in sicurezza la strada”. È il direttore del Parco di Migliarino e San Rossore Andrea Gennai a spiegare il senso di un intervento che ha suscitato polemiche tra i consiglieri di minoranza e che è finito sotto la lente di ingrandimento della Commissione di controllo e garanzia del Consiglio comunale di Pisa.
La Commissione ha infatti chiesto un incontro con i vertici del Parco dopo il sopralluogo del 16 gennaio scorso, effettuato per valutare la veridicità della risposta data il 24 novembre 2014 dal Vicesindaco Paolo Ghezzi in risposta alle interrogazioni presentate dalla consigliera Elisabetta Zuccaro del M5S e da Giovanni Garzella di Forza Italia. “Ci hanno detto che sarebbero stati tagliati 300 alberi entro i 20 metri dalla strada – affermava Garzella sulle pagine del Tirreno il 21 gennaio – ma non è rimasto più un fusto e sono intervenuti fino a 30 metri. Considerato che la ditta che ha disboscato si è “autopagata” prendendo il legno, abbiamo il sospetto che ci siano interessi legati alla vendita del legname”.
“Siamo contenti di questa occasione di confronto” esordisce Gennai in Commissione, “serve a spiegare il malinteso che si è creato in seguito alla risposta di Ghezzi. Inizialmente credevamo che il Vicesindaco avesse confuso l’area dell’intervento (situato sul lato opposto della Pisorno rispetto alla rete che delimita Camp Darby, ndr) con il bosco di proprietà comunale (situato più avanti rispetto alla base Usa proseguendo in direzione del mare, ndr), dove recentemente a disboscare sono stati gli operai del Comune”.
È stata Francesca Logli del Servizio gestione risorse naturali a riconoscere in seguito nella comunicazione di Ghezzi una mail inviata a Palazzo Gambacorti. “Si tratta di una stima approssimativa – chiarisce Logli – la fascia di 20 metri è un’indicazione di massima che in alcune zone è difficile rispettare, occorre valutare anche la stabilità delle piante quando si interviene”.
Rispetto alle motivazioni che hanno spinto al taglio, Gennai conferma la volontà di contribuire all’incremento della biodiversità e la necessità di mettere in sicurezza la strada che raggiunge il litorale. “Il progetto, già previsto dal piano di gestione forestale dei boschi di Tombolo 2009-2019, è stato concepito dopo il mio rinvio a giudizio, arrivato in seguito all’incidente che nel maggio del 2013 ha coinvolto un motociclista, sono stati Protezione civile e Carabinieri a imporcelo”. Quanto alla natura drastica del taglio, “è legato all’ottica naturalistica che adottiamo, è una zona dove gli alberi a latifoglie prevalgono e dove in genere si opera così. In questo modo si prepara la rinascita, visto che le latifoglie sono capaci di ributtare dalle radici. In 3 o 4 anni la differenza si noterà difficilmente”.
Per quanto riguarda la formula scelta per pagare la ditta, offrendo la legna in cambio del servizio, il direttore del Parco presenta i numeri e assicura che nessuna irregolarità è stata commessa. “La ditta (al quale l’incarico è stato affidato senza ricorrere a gare visto l’importo dei lavori inferiore ai 40mila euro, ndr) ha ricevuto 1.000 euro di compenso e circa 12mila quintali di legna – spiega Francesca Logli – che al valore medio di 2,8 euro al quintale fa poco più di 33mila euro. Considerando che un intervento del genere sarebbe costato intorno ai 30mila euro, il ricavo della ditta è di poco superiore ai 3mila euro per un lavoro durato due mesi”. “Siamo ancora in affanno dal punto di vista finanziario” afferma Andrea Gennai, “e rimediamo attraverso questi espedienti”.
Per la dirigenza del Parco è evidente il problema di comunicazione che sta dietro alle polemiche sollevate rispetto alla gestione delle aree boschive. “Dobbiamo lavorare per spiegare meglio che il bosco è una realtà in evoluzione, non statica. E che il Parco è diviso in varie zone, all’interno delle quali si interviene diversamente”.