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Gentile da Fabriano intorno al mondo, a Pisa quasi mai

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Roberto Longhi auspicava che la trasmigrazione di opere seguisse interessi di studio, tutela e valorizzazione delle collezioni museali. I tour di tre opere conservate al Museo di San Matteo


di Lorenzo Carletti e Cristiano Giometti*

gentile-da-fabrianoUn paio di anni fa il Museo nazionale di San Matteo ha meritoriamente pubblicato una piccola e intelligente brochure bilingue (italiano-inglese) dal titolo “il Museo in un’ora”. In questa utile e maneggevole mini-guida, una delle opere imperdibili anche in una sintetica visita è giustamente la Madonna dell’Umiltà di Gentile di Niccolò di Giovanni di Massio ovvero Gentile da Fabriano (1370 ca.-1427). La piccola tavola, dipinta anche sul retro a simulare preziose tarsie in marmi policromi, raffigura la Vergine in adorazione del bambino, seduta su un cuscino lavorato direttamente sull’oro, sullo sfondo di un drappo decorato con rose aperte alternate a piccoli trifogli.
L’aureola della Vergine e il risvolto del drappo su cui poggia il bambino presentano una decorazione a caratteri cufici, che per primo Enzo Carli ha voluto identificare come un’invocazione ad Allah. La presenza di questi caratteri arabi ad esempio sui tessuti preziosi provenienti dall’Oriente, ha fatto sì che per il loro alto valore decorativo siano stati riprodotti pure in opere d’arte sacra, totalmente scisse dal loro significato semantico.
Anche questo particolare ha forse contribuito a rendere l’opera particolarmente celebre in questi ultimi dieci anni – nel 2006 è stata riprodotta in un francobollo emesso da Poste Italiane del valore di € 2,80 – , mentre gli studi sul primo Rinascimento e sul Gotico internazionale si sono altamente raffinati.

La notorietà del dipinto ha fatto sì che a conclusione del semestre di presidenza Ue dell’Italia e il passaggio di consegne alla Lettonia, dal 18 dicembre scorso fino al 25 gennaio l’opera sia stata esposta, da sola, nella Venetian Hall del Bourse Museum di Riga. Pur essendo stato un pittore girovago – come ricorda anche il sito riga2014.org  – ad oggi non sono noti viaggi di Gentile da Fabriano nella città lituana né l’esistenza di committenze legate in qualche modo a quel paese. Ci troviamo di fronte, quindi, all’ennesimo caso di utilizzo di opere d’arte appartenenti alle nostre collezioni nazionali – e quindi di noi tutti – per meri scopi politico-diplomatici, senza il benché minimo straccio di un qualche disegno più latamente culturale.

La tavola di Gentile da Fabriano è stata sottoposta negli ultimi anni a un tour de force

Come se non bastasse, in questi ultimi anni la tavola è stata sottoposta a un vero e proprio tour de force turistico e sono stati pochi i visitatori del Museo di San Matteo che hanno potuto godere della sua presenza in situ. Prima della trasferta all’estremo Nord d’Europa, l’opera è stata esposta dal 26 luglio scorso fino al 30 novembre alla mostra Da Giotto a Gentile. Pittura e scultura a Fabriano fra Due e Trecento curata da Vittorio Sgarbi nella città natia del pittore.

Neanche il tempo di rimettere piede nel suo museo di provenienza, che la Madonna dell’Umiltà era già sull’aereo per Riga. Ma i viaggi senza sosta erano cominciati alla fine del 2008, quando l’opera, per via di quelle decorazioni a imitazione di iscrizioni in caratteri cufici, aveva preso il volo per Doha in Qatar, ove è stata esposta alla mostra Beyond Boundaries. Islamic Art across Cultures (Museum of Islamic art, 24 novembre 2008 – 28 febbraio 2009). Successivamente ha partecipato alla bella esposizione Le arti a Siena nel primo Rinascimento. Da Jacopo della Quercia a Donatello (Siena, Complesso Museale di Santa Maria della Scala, 26 marzo – 11 luglio 2010) e, dopo due anni di riposo, è ripartita per nuove trasferte intercontinentali: in Cina (Il Rinascimento a Firenze. Capolavori e protagonisti, Beijing, Thien’am Men Museum, 6 luglio 2013 – 30 aprile 2013) e, senza soluzione di continuità, due tappe in Brasile (Mestres do Renascimiento. Obras primas italianas, San Paolo e Brasilia, 12 luglio 2013 – 9 gennaio 2014).

Masaccio (Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai), San Paolo, 1426, tempera e oro su tavola, Pisa, Museo Nazionale di San Matteo

Masaccio, San Paolo, 1426, Pisa, Museo Nazionale di San Matteo

Non è andata meglio ad altre due “opere imperdibili” del Rinascimento a Pisa: il busto reliquiario di San Lussorio di Donatello e il San Paolo di Masaccio, che faceva parte del Polittico smembrato della chiesa del Carmine. Entrambe sono state fuori casa per quasi un anno, avendo preso parte alla mostra La Primavera del Rinascimento che, dopo la prima tappa fiorentina a Palazzo Strozzi (23 marzo – 18 agosto 2013), ha aperto i battenti al Louvre di Parigi (26 settembre 2013 – 6 gennaio 2014). Pur trattandosi di mostre di alto profilo scientifico, il periodo di assenza di questi capolavori dal proprio museo risulta oltremodo prolungato; soprattutto se si considera che il busto di Donatello era già stato protagonista di una lunga tournée per una mostra sul ritratto dapprima a Berlino (Bode Museum, 25 agosto – 20 novembre 2011) e poi a New York (Metropolitan Museum of Art, 19 dicembre 2011 – 18 marzo 2012). D’altra parte al San Lussorio un viaggio oltreoceano non metteva certo timore, visto che nel 2001 era volato a Tokyo per l’ennesima rassegna sul Rinascimento italiano (Il Rinascimento in Italia e la civiltà delle corti, Tokyo, The National Museum of Western Art, 20 marzo-8 luglio 2001).

Donatello (Donato di Niccolò di Betto Bardi), Busto-reliquiario di San Rossore, bronzo fuso e dorato, 1424-1427, Pisa, Museo Nazionale di San Matteo

Donatello, Busto-reliquiario di San Rossore, 1424-1427, Pisa, Museo Nazionale di San Matteo

Questa rapida ricognizione delle vacanze forzate di tre fondamentali opere della collezione del Museo di San Matteo solleva numerosi interrogativi: evidentemente è assai più importante che esse siano ammirate da un largo pubblico, in contesti più o meno validi scientificamente, piuttosto che nel loro museo. Tuttavia, la ricaduta economica è a esclusivo vantaggio delle società che quegli eventi gestiscono, mentre il ritorno in termini di visitatori per la nostra istituzione sembra essere assolutamente irrilevante (l’aumento registrato lo scorso anno si deve ascrivere piuttosto al nuovo allestimento, ai percorsi didattici e all’iniziativa ministeriale della “Domenica al museo”). Del resto, perché mai un turista dovrebbe raggiungere la città quando quelle opere le può trovare, molto più semplicemente, a Parigi, Berlino, Doha, Pechino, San Paolo, Brasilia, Tokyo o Riga? Perché invece non valorizzarle all’interno del proprio museo?

 

Vengono in mente le parole di Roberto Longhi, che nel 1959 prefigurava la superfetazione di eventi espositivi a cui oggi assistiamo e auspicava che questa trasmigrazione di opere venisse regolamentata da precipui interessi di studio e tutela e di valorizzazione delle collezioni museali. Soprintendenti e direttori di gallerie, scriveva, dovrebbero rispondere alle continue richieste di prestito come gli amministratori di quel comune lombardo che non vollero inviare un loro prezioso codice miniato con la seguente motivazione: “ne abbiamo uno solo” (Editoriale mostre e musei, 1959). E sempre Longhi, qualche anno prima, invitava a riflettere sul rischio tangibile che collezioni, gallerie, musei, fondazioni diventassero “dei réservoirs cui attingere a piacere”  (Bilancio di Mostre nel dopoguerra, 1951). Pur cosciente che le tecniche di movimentazione già permettevano lo spostamento sicuro di quasi tutte le opere quasi ovunque, Longhi proponeva di esporre in alcuni casi le riproduzioni fotografiche al posto degli originali, cosa che consentirebbe oggi effetti di assoluta fedeltà, se non addirittura di tridimensionalità.

C’è da scommettere che almeno uno dei tre capolavori sopra citati sarà inviato a una mostra dell’Expo 2015 a Milano o in una delle sedi preposte. Perché non mandare invece loro riproduzioni fotografiche e al contempo adoperarsi, con agevolazioni ferroviarie o pacchetti studiati ad hoc, per portare qualche visitatore a Pisa ad ammirare queste superstar assieme a tutte le altre, non meno importanti, opere che il Museo nazionale di San Matteo gelosamente conserva?

 

*Storici dell’arte, curatori del recente libro De-tutela. Idee a confronto per la salvaguardia del patrimonio culturale e paesaggistico, Edizioni Ets 2014

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Pubblicato il: 8 febbraio 2015

Argomenti: Cultura, Mondo, Pisa

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