L’Istituto di BioRobotica presenta la nuova struttura che nasce nell’ambito del progetto di ricerca europeo Echord++.
L’idea di definirlo il “circuito dei robot” è venuta al professor Paolo Dario, direttore dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e appassionato di sport motoristici. Immagine efficace per rendere comprensibile ai più un progetto complesso che punta a fare della Toscana il paradiso della robotica. Per gli addetti ai lavori invece si chiama RIF (Robotics Innovation Facilities) e quello nato a Peccioli è uno dei tre laboratori del vecchio continente – gli altri sono a Bristol in Inghilterra e a Parigi – ai quali si appoggia Echord++, uno dei programmi scientifici che la Commissione europea considera più importanti e che si pone l’obiettivo di stimolare la collaborazione tra produttori di robot, realtà che si occupano di ricerca e imprese interessate all’utilizzo di sistemi robotici.
Con il 2015 le attività della nuova struttura di Peccioli entrano nel vivo. Inserita nella rete dei laboratori dell’Istituto di BioRobotica del Sant’Anna – che oltre a quelli della sede principale di Pontedera comprende la Casa domotica di Peccioli, il Centro di robotica marina a Livorno, il Lab congiunto di bioingegneria della riabilitazione a Volterra e la residenza assistita di Ghizzano – serve a testare le nuove soluzioni robotiche in un ambiente dinamico, reale e realistico e con un adeguato supporto di strumentazione e di personale. L’idea centrale è quella di mantenere il focus sulle potenzialità commerciali dei prodotti sviluppati, per farlo è necessario sperimentare in condizioni il più vicine possibili a quelle reali.
È il professor Paolo Dario ad illustrare le nuove linee guida della Commissioni europea contenute nel piano Juncker. Nel corso della presentazione del RIF Dario ha spiegato che “la volontà è quella di finanziare le imprese per portare prodotti sul mercato e per creare posti di lavoro, contribuendo alla nascita di strutture come quella di Peccioli che non sono estemporanee ma che resteranno attive sul territorio”. Per questo gli esperimenti finanziati da Echord++ devono porsi in un’ottica esplicitamente industriale: “nella valutazione delle proposte – spiega Paolo Dario – oltre alla validità dell’idea dal punto di vista scientifico, si chiede esplicitamente: quante unità pensate di vendere? A che prezzo? Che fatturato immaginate?”.
Echord ++ prevede 19 milioni di euro di finanziamenti tra 2013 e 2018. Il primo bando è uscito ad aprile del 2014 ed ha premiato 16 progetti, sei dei quali si appoggiano al RIF di Peccioli per le sperimentazioni. I settori nei quali si concentrano i progetti sono quello industriale, quello sanitario e quello agricolo. Ekymed, una spin off del Sant’Anna, ha sviluppato una piattaforma robot per il trapianto della cornea. Ad oggi la cheratoplastica si esegue con l’ausilio di un laser e l’abilità del chirurgo fa la differenza, con il nuovo strumento l’operatore potrebbe avere a disposizione un sistema di telecamere ed un visore a realtà aumentata. Tirebot invece, progetto di Università di Modena e Reggio Emilia in collaborazione con Corghi spa (leader italiano nella produzione di macchinari per i gommisti), punta a realizzare un robot che aiuti gli operatori nelle operazioni più impegnative dal punto di vista fisico. Altre tre spin off – Humanware, Robotech e Fabrica 136 – testano un robot capace di aiutare nella riabilitazione i pazienti colpiti da ictus: wireless e alimentato a batteria, pesa soltanto 12 kg ed esercita una forza di 30 N.
Il prossimo bando arriverà nel giugno 2015, proprio in vista della scadenza l’istituto di BioRobotica ha organizzato una giornata di presentazione nella tenuta Poggio al Casone a Crespina. Rispetto alle ragioni della difficoltà di trasformare in impresa attiva sul territorio i frutti della ricerca ad alto livello svolta nei centri di eccellenza del pisano, Paolo Dario ha le idee chiare. “Esistono fattori endogeni, primo fra tutti l’inefficienza della burocrazia e del sistema italiano in generale – afferma il direttore dell’Istituto di BioRobotica – che però si inseriscono all’interno di un contesto caratterizzato dalla convinzione che il lavoro ideale è il lavoro fisso, il posto che si ottiene a 20 anni e che si abbandona con la pensione. E’ un lascito delle generazioni precedenti, un pensiero molto radicato, una cultura secondo la quale il lavoro si fa, ma la vita vera è un’altra. Si tratta di un approccio che può anche essere rispettabile, dietro ad esempio c’è l’idea della decrescita felice, ma certamente non aiuta a fare impresa”.
foto credit: http://forms.robolaw.eu