Seconda corrispondenza di Francesco Stea Pagliai, medico pisano, che si trova a Urfa dove ieri si sono tenuti i festeggiamenti per il Newroz
Newroz significa letteralmente “nuovo giorno”: il 21 marzo, chiaramente collegato all’inizio della primavera, è festeggiato in molte zone dell’Asia centro-meridionale. Per i kurdi è la principale festa nazionale, una celebrazione della propria identità di popolo; quest’anno i festeggiamenti sono stati scaglionati per tutta la settimana nelle varie città, e ad Urfa, 53 chilometri dal confine siriano, il Newroz si celebra il 19 marzo.
Numerose le bandiere a righe orizzontali del Rojava, il kurdistan occidentale siriano
Giallo, rosso e verde, il tricolore nazionale, dominano dappertutto e in tutte le declinazioni: particolarmente numerose sono le bandiere a righe orizzontali del Rojava, il kurdistan occidentale siriano, non solo per richiamo ideale ma anche perché è probabile che molti dei presenti siano profughi provenienti da quella zona.
Sul palco si alternano interventi e musicisti – a quanto pare vere e proprie star locali, se molti dei presenti cantano le canzoni a memoria. Le nostre orecchie colgono poche parole, ma di nuovo “Rojava”, “Kobane”, “YPG” ricorrono più e più volte nel corso della giornata.
Sul palco uno striscione con il volto di Ocalan, impensabile fino a pochi anni fa, e il profilo di un fabbro: secondo la leggenda fu il fabbro Kawa a guidare la rivolta contro il re-mostro assiro Zahak che opprimeva i kurdi esigendo un tributo di sangue, e poi ad accendere fuochi sulle montagne per comunicare la lieta novella della vittoria.
Non c’è Newroz senza fuochi
Francesco Stea Pagliai