Lo scorso 23 marzo una delegazione del Teatro Rossi Aperto ha incontrato il sindaco e il neo assessore alla cultura Andrea Ferrante, per sottoporre un progetto di riapertura stabile del teatro
Nessuna svolta per la trattativa sul Teatro Rossi Aperto, dove la situazione è in stallo nonostante l’impegno degli attivisti che da oltre due anni e mezzo lo hanno riaperto.
Il 23 marzo scorso una delegazione del Tra ha incontrato il nuovo assessore alla cultura Andrea Ferrante, insieme al sindaco Marco Filippeschi. “È stato un momento interessante, un parlare franco e diretto”, spiegano gli attivisti in un comunicato. “Abbiamo capito che l’obiettivo di una riapertura “ufficiale” del teatro attraverso un percorso partecipativo non può contare che in un contributo più che marginale da parte dell’amministrazione comunale”.
La richiesta degli occupanti è di far partire un meccanismo di federalismo demaniale, trasferire la proprietà del Teatro dal demanio al Comune, e iniziare un percorso di recupero a piccoli passi, “puntando prima di tutto alla rimessa in funzione dello spazio (agibilità, messa in sicurezza, pulizia, sistemazione di platea e primo ordine e ripristino degli impianti di riscaldamento)”.
“Una proposta che non nasce da velleità campate in aria”, si legge, “ma che trova fondamento sostanziale nella disponibilità della Regione Toscana, incontrata da una delegazione del TRA a febbraio, a finanziare una prima fase dei lavori per il recupero funzionale del teatro”.
Un’importante apertura di credito da parte della Regione, che, aggiungono gli attivisti, “si impegnava a mantenere in un’interlocuzione istituzionale con un ente come il Comune in grado di alienare a sé il bene”, e a fronte della quale, “c’era da sondare una volontà tutta politica dell’amministrazione comunale ad accogliere questa sfida”.
Collaborazione fra enti dunque, per realizzare una riapertura del teatro stabile e proficua per tutti: “Far partire un processo, portare a buon esito la faticosa ricerca di interlocuzione con le istituzioni, immaginare una soluzione in grado di risolvere il problema della titolarità legale necessaria alla riapertura del Teatro Rossi superando la farraginosità di meccanismi burocratici ingessati e fallimentari, incrostati da logiche e meccanismi di potere stantii”.
“Il Tra non ha mai chiesto l’assegnazione del bene”, spiegano. “Ha chiesto e chiede che gli venga riconosciuto formalmente il ruolo di garanti all’interno di un processo che vuole mettere lo spazio nelle condizioni di diventare il teatro delle progettualità culturali di tutti, non di una parte”.
“L’iniziativa in corso della Chiamata alle arti promossa dal TRA ne è la prova vivente”, si legge ancora. “Ed è proprio di fronte a questa richiesta, di un protagonismo responsabile, che si legittima nella pratica e nel dialogo, che l’istituzione si trova spiazzata, afona. Lì dove sarebbe infinitamente più semplice posizionarsi nello schema classico di una conflittualità che si gioca su parti opposte – io sono l’istituzione, tu sei l’occupante e ognuno difende il suo ruolo – noi abbiamo provato invece ad applicare una logica diversa che dice pressappoco così: ci sono tutte le possibilità, sostanziali e politiche, perché il Teatro Rossi non venga destinato a un abbandono futuro. Ci sono le possibilità di valorizzare l’esperienza portata avanti in due anni e mezzo, nel rispetto dello spazio e nella solidarietà ricevuta da chi il TRA lo fa vivere e lo frequenta. C’è una progettualità da rafforzare e sostenere, ci sono precedenti in altri teatri, italiani ed europei, che fanno da apripista per capire come affrontare i vincoli istituzionali. Ci sono tutti i margini, legali e politici, per riconoscere l’impegno dei cittadini, così come detta la Costituzione, così come la stessa Soprintendenza di Pisa, a direzione Stolfi, non ha avuto problemi ad ammettere e riconoscere. Però proviamoci, tutti e tutte insieme”.
La proposta, riportano gli attivisti, non sarebbe piaciuta al Sindaco e all’assessore alla cultura, “che proprio non ci pensano a «mettersi in casa» il peso di un bene del genere”, commentano, “con tutto quello che può costare di ristrutturazione, con tutto quello che potrebbero comportare nuove forme politiche di gestione di fronte alle pressioni di un establishment di questa città”.
Il Sindaco si sarebbe detto disponibile a mediare con il nuovo Soprintendente e tentare di convocare a un tavolo anche la Regione. “Provare, chiedere, verificare, rimandare all’infinito. Far passare altri mille anni in cui probabilmente le cose continueranno a rimanere come sono”, è la risposta del Tra.
Che aggiunge la domanda/richiesta del Sindaco formulata alla fine dell’incontro: “Perché non pensate di sviluppare questa indubbiamente valida progettualità culturale altrove, in un altro spazio?”, avrebbe chiesto Filippeschi, secondo quanto riporta il comunicato del Tra. “Come a dire: perché non mi mettete nella condizione, secondo lo schema di gioco che posso giocare, di farvi riconoscere da questa istituzione, valutando la progettualità culturale di cui siete capaci su un terreno di rappresentatività politica differente, in un luogo più neutro, di modo che “altri” non abbiano di che lamentarsi? No, signor Sindaco, no. Noi vogliamo che il Teatro Rossi torni ad essere di tutte e di tutti, per tutti, per questa città, per chi fa cultura in questa città, senza creare nicchie chiuse, buone o cattive, a seconda delle stagioni e dei rapporti di forza. Noi non siamo i volontari dei beni culturali o i guardiani della vita artistica di Pisa, non siamo anime belle, custodi relegati nel silenzio e nell’abbandono di uno spazio”.
E concludono: “Ricordiamo al signor Sindaco che nel programma di mandato c’è il recupero del Teatro Rossi. Noi ci stiamo impegnando a creare le condizioni concrete di una possibilità, ripetendo che non occorrono investimenti faranoici ma la voglia – tutta politica – di sperimentare nuovi percorsi”.