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Son soddisfazioni…

Foto di Arianna Sarti

La IME è meno nota e meno glamour della Olivetti Programma 101, ma non meno interessante. La sua presenza nell’esposizione del Museo ha una storia fatta di scoperte e ricongiungimenti


di Giovanni A. Cignoni

Non sempre, ma a volte lavorare alla collezione di un Museo riserva delle piccole, grandi soddisfazioni. L’ultima riguarda una macchina, interessante di per sé, la cui presenza nell’esposizione del Museo è a sua volta una storia, fatta di scoperte e ricongiungimenti.

Andiamo giustamente orgogliosi della Olivetti Programma 101, da alcuni identificata come la macchina che anticipò il personal computer, di sicuro quella che nelle pubblicità del 1966, per prima osò proporsi come strumento usabile ovunque e da tutti, da comprare indipendentemente da esigenze di lavoro, un po’ anche da esibire come status symbol.

La IME è stata progettata da Massimo Rinaldi ed era prodotta dall’Industria Macchine Elettroniche SpA di Roma

La IME è meno nota, meno glamour, ma non meno interessante. Era stata progettata da Massimo Rinaldi ed era prodotta dall’Industria Macchine Elettroniche SpA di Roma. Nel 1964 il modello 84 fu una delle prime calcolatrici elettroniche a transistor, le altre a condividere il primato furono la tedesca Friden 130 e la giapponese Sharp CS-10A. Le IME ebbero una certa fortuna, anche all’estero. Alcune caratteristiche erano davvero peculiari. Per esempio, alla 84rc potevate connettere fino a 4 terminali per farla usare da 5 utenti, ognuno dalla sua stanza.

L’accessorio più interessante era però il DG308 Digicorder del 1967. Collegato a una 86s permetteva di creare programmi registrando su schede perforate sequenze di operazioni e completandole con istruzioni di controllo. La IME era diventata una calcolatrice programmabile. Come la Programma 101, potremmo considerarla un’altra anticipatrice del personal computer.

 

 

L’86s e il Digicorder, sulla destra gli odiosi buchini (dal Catalogo della Sala dall’Aritmometro al PC, foto di Chiara Tarantino)

L’86s e il Digicorder, sulla destra gli odiosi buchini (dal Catalogo della Sala dall’Aritmometro al PC, foto di Chiara Tarantino)

 

Insomma, la IME è un bel pezzo di storia degli strumenti per il calcolo, perdipiù poco noto.

Quando nel 2013 fu allestita la sala dedicata al calcolo personale, gli spazi tiranni imposero di decidere cosa esporre e cosa no

Una 86s proveniente dal CNR è da tempo nella collezione del Museo. Quando nel 2013 fu allestita la sala dedicata al calcolo personale, gli spazi tiranni imposero di decidere cosa esporre e cosa no. Nella “classifica” dei pezzi che tristemente tocca redigere in questi casi, la IME era in buona posizione, ma data la dimensione e la qualità della collezione, la scelta era ardua e in ogni caso dolorosa. Quel che resta chiuso nei depositi, se non è un doppione o un reperto insignificante, è una sconfitta: il Museo viene meno alla missione di restituire al pubblico i pezzi di storia che conserva. Si dice proprio così, restituire: ti fa sentire colpevole.

Comunque, a decidere per la IME fu un felice recupero. Dal Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, ci contattò Riccardo Mazzanti (ancora grazie): durante il trasloco nella nuova sede di via Paoli avevano trovato del materiale appartenente all’ex Istituto di Scienze Geografiche che forse poteva interessare il Museo. Sopralluogo, gioia, gaudio e tripudio: un Digicorder!

In coppia con il suo accessorio più interessante e più raro l’86s è da allora nell’esposizione permanente del Museo. C’è però un ma: sul frontale della IME del CNR manca la targhetta con marca e modello. Chi vuoi che lo noti, erano macchine vissute, usate per anni, mica come ora che dopo poco le cambi, dimostra la sua storia… certo c’è modo di farsene una ragione, ma quegli odiosi buchini a denunciare la mancanza della targhetta indispettiscono non poco.

 

La targhetta in lega metallica con innesti a linguetta, un espianto davvero delicato

La targhetta in lega metallica con innesti a linguetta, un espianto davvero delicato

 

Il 95% della collezione del Museo è nei depositi. Un patrimonio che è il risultato della preziosissima opera di acquisizione e recupero (molti salvataggi) svolta da Roberto Vergara Caffarelli nei primi anni di vita del Museo. Ed è una collezione in crescita: il Museo continua a ricevere materiale – a proposito: grazie a tutti quelli che si ricordano del Museo.

In gran parte è materiale ancora da catalogare, così capita di scoprire tesori. Qualche giorno fa, scavando (quasi letteralmente) in uno dei depositi abbiamo trovato un’altra 86s. Come esemplare è molto più vissuto, ma, esultate, ha la targhetta! Consulto, verifica di assoluta compatibilità fra donatore e ricevente, trapianto, niente più buchini. Son soddisfazioni.

 

L’86s restituita in tutta la sua completezza

L’86s restituita in tutta la sua completezza

 

Buon Primo Maggio a tutti!

Gli altri articoli della serie “Quattro chiacchiere sul calcolo, senza fare conti”

 

Foto di copertina di Arianna Sarti

 

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Pubblicato il: 1 maggio 2015

Argomenti: Cultura-Tech, Pisa

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