Qual è lo stato di salute e quali le prospettive di sviluppo del Museo Nazionale di San Matteo? Quale direzione sarebbe necessario imboccare per valorizzare e diffondere la conoscenza dell’intero tessuto museale ed espositivo di Pisa? Per provare a rispondere a queste domande abbiamo incontrato il direttore di San Matteo, il Prof. Dario Matteoni.
Abbiamo incontrato il Prof. Matteoni nelle sale del museo, fra le croci lignee del XII e XIII secolo, il polittico di Simone Martini e le sculture provenienti dal rivestimento esterno della Chiesa di Santa Maria della Spina. Fra le sale pochi i visitatori, due coppie di turisti francesi e un gruppo di studenti che seguono una lezione articolata fra le opere qui conservate.
Negli ultimi ultimi 3/4 anni i visitatori si sono attestati su una media di poco più di 10 mila presenza annue. “Cresce – spiega Matteoni – la presenza delle scuole grazie all’attività didattica portata avanti dal museo. E abbiamo ottenuto ottimi risultati con le iniziative legate a eventi di carattere nazionale: nel 2013 la presentazione del restauro del polittico di Simone Martini in occasione della Notte dei Musei ha fatto registrare in poche ore 1.100 visitatori, provenienti dalla città e dai dintorni. Lo sforzo in questi anni è andato nella direzione di organizzare eventi che suscitassero attrattiva e che hanno portato ricadute positive anche nelle settimane successive”.
Mentre non particolarmente forte è la presenza di gruppi, l’altra tipologia di visitatori è rappresentata dai turisti stranieri, la cui presenza è legata alla stagionalità dei flussi turistici. “Questa – sottolinea il direttore – è la parte più interessante, quella che andrebbe ‘accompagnata’ verso il museo. Al momento gli stranieri in visita sono persone mediamente colte, che raggiungono San Matteo grazie a un forte interesse preesistente”.
E per accompagnarli sarebbe probabilmente necessaria una strategia complessiva, tesa a realizzare un’integrazione percepibile fra le strade, i luoghi di Pisa e il suo patrimonio storico-artistico, museale ed espositivo. “Pisa – analizza Matteoni – a livello nazionale e internazionale non è identificata come città d’arte, ma come la città della torre. Questa città non si promuove come un luogo dove è possibile vivere una dimensione artistica diffusa. E questa mancata comunicazione non si limita a interessare solo il turismo straniero, ma si ripercuote anche sul target cittadino e regionale, sui cui sarebbe fondamentale puntare”.
Eppure caratteristiche per attrarre visitatori, per portare e riportare in città i nostri corregionali non mancherebbero.
Basti pensare all’offerta che i soli Lungarni propongono con le strutture di Palazzo Reale, Palazzo Blu, Palazzo Lanfranchi, lo stesso San Matteo e il Centro espositivo SMS. Da un lato sottolinea il Direttore “esistono difficoltà logistiche come la percorribilità dei Lungarni. Da un altro non si riesce a comunicare, a informare sulla ricchezza presente”.
Il problema è solo quindi di comunicazione?
“No certo. Due sono le domande a cui c’è bisogno di rispondere per fare un salto di qualità. Pisa è accogliente come città d’arte per un turista? Pisa ha un’identità che vada oltre Piazza dei Miracoli? Alla prima domanda dovrebbero cercare di rispondere l’amministrazione cittadina e le categorie del commercio. L’attrazione nasce da un complesso di forze e intelligenze che si mettono in campo per produrre idee. Questa credo sia la direzione da percorrere. Che le amministrazioni siano prive di risorse economiche è indubbio, quello che serve è autorevolezza. Tale da far convergere tutte le istituzioni culturali verso uno obbiettivo”.
Chi un obbiettivo sicuramente se lo è dato è il Museo di San Matteo, che ha ben chiaro quali sono i passi da compiere: una rivisitazione dell’allestimento che renda il percorso maggiormente fruibile e accogliente, un incremento della strumentazione didattica di supporto. Intanto dei passi sono già stati fatti in questi anni: l’introduzione di postazioni multimediali e una nuova illuminazione.
Per l’identità, quella di Pisa come città da visitare, sembra che ci sia ancora strada da fare.