L’inventore del legarsi a una seggiola per costringersi a studiare era in realtà un inarrestabile giramondo. Già da teenager, una volta incassato il jackpot milionario del lascito del defunto conte padre, il bizzoso ereditiero punta i piedi e a suon di “Volli, sempre volli, fortissimamente volli” stressa l’anima al suo protettore, lo zio Pellegrino (già vessato abbastanza dal nome che gli hanno appioppato all’anagrafe), affinché questi gli organizzi una gita a Pisa per il suo pre-sedicesimo. Della visita turistica del 1766 conserva soltanto molta noia e una pacchiana statuetta della torre pendente in alabastro fosforescente. Torna nella città dei lungarni otto anni dopo per un breve affaire con la bella Gabriella Falletti di Villafolletto in Turinetti Coimbra di Prieri, ma la relazione durò pochissimo a causa del cognome impegnativo di lei.In seguito l’Alfieri soggiornerà più volte a Pisa, ogni volta elargendo generoso sonetti in rima e illudendo giovinette in età da marito. Il suo rapporto con la città si incrina nel 1783, quando vi si reca apposta per concupire la veneziana Alba Corner Vendramim, ma la veneta lo rimbalza in malo modo e per giunta la pioggia incessante lo costringe ad un soggiorno forzato in albergo. Lo scrittore astigiano la prenderà malissimo.