Un sopralluogo della terza commissione consiliare, ieri, presso la ex chiesa di Sant’Antonio in Qualquonia, dopo che negli scorsi giorni il Movimento 5 Stelle aveva sollevato l’attenzione – come molti altri prima – sulle pessime condizioni in cui versa l’immobile.
La piccola ex chiesa, di proprietà comunale, è in effetti abbandonata e presenta numerose criticità. A cominciare dal soffitto a cassettoni, su cui erano incastonate delle tele oggi situate al Museo di San Matteo. Ma gli intarsi e le decorazioni del soffitto, che non hanno ricevuto la stessa attenzione, sono ora pesantemente rovinati e rischiano di non essere più recuperabili.
“L’edificio, risalente al ‘600, faceva parte della compagnia di Santo Stefano dei Cavalieri, e quando era in attività, aveva il compito di conservare e portare il vessillo dell’ordine”, spiega Francesco Onnis, storico dell’arte e attivista 5 stelle. “Le condizioni in cui versa oggi sono un dolore per tutti coloro che hanno a cuore il nostro patrimonio architettonico”.
Durante il sopralluogo è l’assessore al patrimonio Andrea Serfogli a fare una relazione sullo stato dell’immobile: “Qualche anno fa abbiamo svolto dei lavori in somma urgenza per fermare le infiltrazioni di pioggia dal tetto, e per recuperare una parte di tetto che era proprio crollata”, ha spiegato. “La spesa fu intorno ai 30.000 euro. Oggi, com’è possibile constatare, gli interventi necessari sarebbero molti di più, a partire dal pavimento, dalle finestre e i cornicioni, i pochi elementi marmorei rimasti e, ovviamente, il recupero del cassettone ligneo”.
Interventi che richiederebbero “circa 900.000 euro complessivi”, che il Comune al momento non impegnerà. “Nel 2010 fu dato l’incarico all’architetto Francesco Pasqualetti di redarre un progetto di restauro. Il progetto venne quindi sottoposto alla Fondazione di Pisa, che però non lo accolse. L’intenzione è quella di riprendere in mano quel progetto, modificarlo e aggiornarlo, per poi presentarlo nuovamente alla Fondazione, una volta condiviso con la Soprintendenza”.
“Vista l’entità della cifra – ha aggiunto Serfogli – sarà forse opportuno dividere i lavori per lotti, cosa che potrebbe consentire anche al Comune, eventualmente, di anticipare parte della somma. I due lotti potrebbero seguire l’urgenza dei lavori, e quindi il primo concentrarsi sul soffitto e il secondo sulla struttura. L’interno della chiesa è spoglio, non ci sono quindi situazioni di perimento legate agli interni”.
La presidente della terza commissione Alessandra Mazziotti assicura che la commissione “continuerà a lavorare su questo tema, cercando di definire una proposta che verrà poi sottoposta al consiglio comunale”. Le ipotesi sul futuro di Sant’Antonio in Qualquonia non sono però rosee: ammesso che si riesca a trovare i 900.000 euro necessari al suo restauro, resta un punto di domanda sulla gestione e la destinazione futura dell’immobile. Serfogli ha parlato di “concessionari”, ovvero eventuali soggetti privati interessati al restauro e a un eventuale ingresso nella gestione dell’immobile. Ma si tratta di un’ipotesi al momento non supportata da alcuna offerta o indirizzo politico definito.
Deve far riflettere la quantità di denaro pubblico speso in questi anni a Pisa per opere discutibili e spesso dal sapore posticcio (PIUSS, ecc.), quando importanti e preziosi edifici storici cittadini sono chiusi (penso non solo alla deliziosa chiesa di via Qualquonia, maltrattata da decenni – quando ero adolescente, ospitava un’associazione di ping pong –, ma a San Paolo a Ripa d’Arno o al Palazzo della Sapienza, tanto per fare i due esempi più clamorosi).
Credo che a un turista inglese o tedesco interessi di più visitare un capolavoro del romanico come San Paolo che una bislacca mostra di Andy Warhol, priva di qualsiasi originalità oltre che discutibile di per sé. L’idea di cultura e di turismo dei nostri amministratori è decisamente balzana.