E il Municipio dei Beni Comuni chiede al Comune di fornire mezzi e spazi per gli strumenti, gli impianti e la mobilia delle associazioni
Entro il 5 marzo prossimo l’Ex Colorificio dovrà tornare vuoto. È questa la data limite indicata dal PM, dopo il sequestro preventivo dell’area e i due sgomberi del 26 ottobre e del 7 dicembre del 2013. Nessuna novità significativa è emersa in queste settimane dai tentativi di dialogo fra il Municipio dei Beni Comuni – la sigla sotto cui sono riunite le realtà che hanno dato vita all’occupazione dell’Ex Colorificio, la proprità dell’immobile e il Comune di Pisa, al punto che la data indicata dal Pm non è ulteriormente rinviabile e rimane un grosso punto di domanda su tutto il materiale e gli strumenti accumulati in un anno di attività: dove andranno?
Se lo chiede anche il Municipio dei Beni Comuni, che commenta così il trasloco senza meta: “I tempi della giustizia non coincidono purtroppo con le reali esigenze di quanti nell’esperienza dell’ex Colorificio avevano fondato un percorso articolato, dove le buone pratiche quotidiane ricevevano una spinta vitale dal riuso di spazi abbandonati. Pratiche che si originavano anche nella presenza di strumenti, mobilio, piccole e grandi suppellettili che erano parte integrante delle decine di progetti che avevano trovato residenza in via Montelungo. Il 5 marzo è una data troppo vicina: una constatazione che certo non richiede l’avvallo di esperti. E così pensare a un trasloco esclusivamente a carico dei volontari dell’ex Colorificio è, di fatto, un controsenso”.
“Chiunque abbia conosciuto quell’esperienza – scrive ancora il Municipio – ha visto con i propri occhi la mole imponente di ‘vita’ che si è stratificata nei mesi, la stessa che ora deve essere smontata, smobilitata, pezzo dopo pezzo. Che fine farà la parete di arrampicata indoor più grande della Toscana? Dove andranno i diecimila volumi della biblioteca Babil? Dove saranno collocati i macchinari degli artisti e degli artigiani che lì hanno operato per un intero anno? Quale sarà il destino degli impianti, della mobilia, degli oggetti minimi che pure sono stati parte integrante della vita all’ex Colorificio? Non sono forse questi stessi il frutto del lavoro decennale di volontari che con fatica e passione – e quasi sempre con l’aiuto determinante della cittadinanza – li hanno costruiti, acquistati, riparati, inventati nel corso degli anni? Dove andrà tutto questo?”
“L’ex Colorificio Liberato – continua – non può essere smontato come un qualunque prefabbricato, e così sepolto nella memoria di Pisa, e dell’Italia tutta. L’attuale pressione che vivono i volontari di quell’esperienza è un problema comune, di rilevanza pubblica, della quale l’amministrazione in primis deve necessariamente farsi carico”. Accusano il Comune di assenteismo: “Nullo è stato l’apporto della giunta Filippeschi-bis”, “una colpevole inadempienza che ha sortito come unico esito la paradossale condizione odierna: una corsa contro il tempo per salvare dieci anni di attività sociali e culturali. Il problema, infatti, era già stato ben spiegato agli assessori Danti e Zambito nell’incontro del 17 dicembre, ovvero più di un mese fa, durante il quale si erano impegnati a convocare un altro incontro a breve a cui potesse essere presente il Sindaco e in cui prendere anche in considerazione la questione dello spostamento dei materiali”.
Auspicano quindi che “il trasloco dall’ex Colorificio diventi dunque da oggi un fatto pubblico”, e chiedono che “l’amministrazione metta a disposizione uno spazio dove custodire e conservare il patrimonio, già oggetto di furti e vandalismi in queste settimane con piena responsabilità della proprietà multinazionale, per facilitare questo doloroso passaggio alle decine e decine di associazioni che si trovano ora in una situazione di grave empasse. Un messaggio che lanciamo oggi con forza, e che nei prossimi giorni si concretizzerà in atti ufficiali, così che nessuno in questa vicenda possa sottrarsi ai propri doveri, prima ancora che alle proprie responsabilità”.
Il Comune continua a non far nulla e certi assessori continuano a ignorare attivamente Rebeldia, evitando con accuratezza qualsiasi riferimento a questa realtà, anche casuale. Complimenti a Pagina Q che informa sulle vicende di Rebeldia nonostante alcun* massim* rappresentanti dell’associazione amano diffamare questo giornale nelle chiacchere da bar
La ricerca dell’indipendenza l’è una bruta bestia, Silvia…