Il teatro secondo Sara ed Hengel (Teatro Cantiere)
Sono le quattro del mattino. Mei Lan viene svegliato senza gentilezza dal suo Maestro che lo conduce in un cortile. C’è uno sgabello con sopra un mattone. Mei Lan sa cosa deve fare: senza esitare, con grazia, sale sullo sgabello e poi si piazza sul mattone. In punta di piedi. Sorridendo. Si tratta di star lì qualche ora, immobile, cercando di evitare di cadere. Non tanto per il capitombolo in sé, ma per la bastonata del Maestro che arriverebbe dopo, immancabilmente. Mei Lan deve sviluppare forza e precisione nelle gambe, ma anche negli occhi. Il Maestro lo induce a passare notti insonni seguendo con lo sguardo il piccolo lume di una candela. È un lavoro estenuante, ma c’è di peggio. Ad esempio indossare le minuscole scarpe ts’ai chi’ao per correre e saltare nel bosco maneggiando una lunga e pesante spada. Una vera tortura.
E poi Mei Lan ha solo otto anni.
Siete gente sveglia e sappiamo cosa state pensando: allenamento dei giovani monaci Shaolin in qualche sperduto monastero della Cina. Niente di più ovvio.
E invece no, vi sbagliate di grosso. Siamo a Pechino (e qui ci siete andati vicini) però non stiamo parlando di arti marziali o tecniche di meditazione, ma di teatro. Proprio così. Teatro. Vi sembra strano?
Bene. Ai cinesi no, per niente.
Neppure ai genitori di Mei Lan. Infatti ancora piccolissimo lo affidano ad un Maestro, il quale per molto tempo sarebbe stato la sua unica guida e lo avrebbe iniziato ad un durissimo apprendistato per farlo diventare attore dell’Opera di Pechino. Per chi non lo sapesse l’Opera di Pechino non è uno scherzo: i suoi attori sono preparatissimi, a volte quasi al limite dell’umano… recitano, cantano, suonano, ballano, fanno acrobazie impossibili, combattono con grosse spade indossando maschere e costumi pesanti e scomodi.
E come avrete capito i metodi di insegnamento in quel periodo non eran certo influenzati dalle teorie di Steiner: gli insegnanti usavano modi duri, inflessibili, enigmatici e “senza cuore”, esattamente come ci immaginiamo i Maestri Orientali. Avete presente Pai Mei nel film Kill Bill vol.2 di Tarantino? Così.
Mei Lan è una testa dura, vuole imparare e resiste. I suoi modi gentili, il fisico slanciato ed asciutto segnano il suo destino e lo portano fin da quella giovanissima età a recitare personaggi femminili, i dan. Per le donne era vietato andare in scena e gli uomini si dovevano adeguare. Che per molte donne la vita non sia facile Mei Lan lo scopre presto.
Avete mai sentito parlare del Loto d’Oro? Era l’antica usanza cinese di fasciare i piedi alle bambine (fin dai primi giorni di vita!) per deformarli mantenendoli piccini ed instabili. Avrebbero così potuto indossare le bellissime ts’ai chi’ao o Scarpe di Loto, fatte con stoffe e ricami stupendi, coniche come un fiore e lunghe non più di dieci centimetri. Vi sembrerà strano, lo so, ma era considerato esteticamente bello e segno di levatura sociale. Un po’ come le labbra rifatte di oggi.
Per essere una qīngyī (donna rispettabile) Mei Lan avrebbe dovuto imparare ad usare quelle minuscole scarpette, ritrovando la grazia e la leggerezza tipica della femminilità.
Che il piccoletto fosse una testa dura s’è già detto ed infatti dopo anni di incredibili allenamenti da fare un baffo a Karate Kid, col nome d’arte di Mei Lanfang diventerà uno degli attori più famosi e rispettati di tutta la Cina. Una vera leggenda, per le sue capacità attoriali straordinarie nei ruoli femminili e per la sua inflessibile disciplina. Un Maestro.
Ed eccoci arrivati alla fine, ma cosa volevamo dirvi con questa storia? Di evitare di deformare i piedi delle bambine per moda e tradizione? Certo. Ma non solo. C’è qualcosa che riguarda la disciplina, qualcosa che qui in Occidente è difficile da accettare e comprendere. Che per noi è invece molto importante.
Spesso quando conduciamo laboratori teatrali con Teatro Cantiere i partecipanti affrontano con difficoltà la durezza di certi esercizi e i nostri modi intransigenti e pretenziosi. Si sentono privati, crediamo, di una certa idea di libertà. Si sentono privati del loro istinto (che è di tutti gli umani) di rifuggire lo sforzo, il dolore, il difficile. Spesso ci riesce assai arduo convincere queste persone che la disciplina, se non usata con cieca stupidità, può portare a risultati incredibili e a forme di piacere sconosciute. Un buon artista lo sa. Si pensa che per diventare attori ci voglia poco; un lavoretto facile facile. Ma non è così. Sappiatelo. E Mei Lanfang ce lo insegna.
Concludiamo consolandoci proprio con le sue parole, quando ormai anziano, nella sua autobiografia ricorda gli allenamenti di gioventù che fra l’altro a paragonarli a quelli di un nostro workshop ci fa un po’ ridere… Comunque:
“Ricordo che quando ero giovane usavo un alto sgabello per allenarmi: un mattone veniva messo sullo sgabello e salendovi con gli ts’ai chi’ao ai piedi cercavo di rimanervi per tutto il tempo che un bastoncino di incenso impiega a bruciare. La prima volta, quando cominciai, le gambe mi tremavano, fu una tortura: non potei rimanere più di un minuto prima che diventasse tanto insopportabile da obbligarmi a saltare giù. Ma dopo alcuni tentativi, la mia schiena e le mie gambe svilupparono i muscoli adeguati e imparai a stare saldamente sul mattone. In inverno con gli ts’ai chi’ao mi esercitavo a fare la lotta o camminare sul ghiaccio: all’inizio cadevo con facilità, ma appena cominciai ad abituarmi a camminare sul ghiaccio fu meno faticoso fare gli stessi movimenti sulla scena. Qualunque cosa tu faccia, se passi attraverso un momento difficile prima di raggiungere quello facile, troverai che la dolcezza vale bene amare fatiche. In genere quando mi esercitavo sugli ts’ai chi’ao mi venivano le vesciche ai piedi e provavo dolore. Pensavo che il mio maestro non avrebbe dovuto sottoporre un bambino di dieci anni qual ero a prove così dure, ma anzi avrebbe dovuto esserne amareggiato. Ma oggi, quando con i miei sessant’anni posso ancora assumere le posizioni della donna-guerriero in drammi come La bellezza ubriaca o La fortezza della montagna, so che posso farlo perchè il mio maestro fu severo con me nel mio primo allenamento”.
PS: Mercoledì 26 febbraio inizia il Pisa Chinese Film Festival. Ve lo consigliamo. Magari tra lungometraggi, dibattiti ed incontri potremo finalmente renderci conto insieme che oltre agli involtini primavera, ai wok, alle erre pronunciate elle, agli articoli sottocosto di bassa qualità, ci sono cose grandi e sconosciute, cose inimmaginabilmente vicine e lontane a noi. Chiamiamole, se vogliamo, Cultura e Tradizioni della Cina.
Scarpe di Loto Foto di Queensland Museum (Own work) [CC-BY-SA-3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons
Qi Rushan e Mei Lanfang Foto di anonimo [Public domain], via Wikimedia Commons
Piedi di Loto Foto di anonimo [Public domain], via Wikimedia Commons