C’era una volta una cartiera, a Rigoli, frazione di San Giuliano Terme. Acquistata nel 1997 dalla Pro-gest, holding di proprietà della famiglia Zago, dava lavoro a circa 25 persone ma nel 2008 chiudeva e da allora è rimasta abbandonata. L’azienda progettava un nuovo sito produttivo, impegnandosi con le amministrazioni a presentare un piano di fattibilità. Poi gli anni sono passati e sia la fabbrica che il suo annesso depuratore, sono rimasti chiusi.
La storia della fabbrica si intreccia con la vita del Lungomonte su più fronti, non ultimo, quello degli impianti di smaltimento e depurazione delle acque reflue. Per anni le vecchie amministrazioni hanno cercato di mettere a disposizione del territorio il depuratore della ex Cartiera. Necessità che è diventata ancora più motivata dopo la chiusura della fabbrica.
A proporre nuovamente questa soluzione è oggi Luca Barbuti, candidato sindaco a San Giuliano Terme per la lista L’Altra San Giuliano Terme, che la ritiene non solo percorribile ma anche doverosa.
“Il lungomonte sangiulianese – scrive – come ben sappiamo noi che lo abitiamo, è ancora sprovvisto di fognature, di impianti di smaltimento e depurazione delle acque reflue. La cosa che invece è un po’ meno nota riguarda il fatto che, pur avendo pagato per anni in bolletta il canone di depurazione a Acque spa che ha l’obbligo di accantonare un fondo per la loro costruzione, oggi i progetti continuamente presentati dalle varie istituzioni sono evaporati persino sulla carta”.
Entra quindi nel merito: “Come ormai da tempo andiamo proponendo, per depurare le acque del lungomonte, si dovrebbero individuare aree idonee per impianti di fitodepurazione da integrare con un immediato recupero alla funzionalità dell’impianto di depurazione della ex cartiera di Rigoli. Ricordiamo infatti che, in quello che fin al 2008 era un sito produttivo, dopo sei anni tra erbacce e piccioni c’è rimasto abbandonato un depuratore che, se adeguato e rimesso in attività, potrebbe essere funzionale per la collettività e soddisfare un gran numero di famiglie del lungomonte. Tutta l’opera di riconversione potrebbe pure essere a costo zero per l’amministrazione comunale nell’eventualità che si riuscisse a riaprire il cassetto dove è custodito l’ammontare versato con la bolletta dell’acqua per un servizio di cui la comunità non usufruisce”.
Aggiunge quindi un riferimento normativo a supporto: “Se ciò non fosse sufficiente, l’applicazione delle leggi vigenti (152/2006) sarà l’altra certezza che mette il comune dal riparo da costi inaspettati. Tale legge infatti, considerato lo stato di abbandono del sito da parte della proprietà, offre la possibilità agli enti locali di attivare bonifiche compensando i costi con espropri di pari valore. Insomma, se nel prossimo futuro i cittadini ci daranno la possibilità di amministrare il territorio
sangiulianese, i corsi d’acqua del lungomonte potranno essere meno inquinati e i residenti del lungomonte saranno dotati di una rete fognaria legata al progetto di riconversione di un sito abbandonato e degradato”.
E conclude: “Tutto ciò per evitare anche di veder finire i nostri euro nelle casse di aziende come Acque spa che, non si può escludere che destinino l’introito per il servizio di depurazione in assenza di progettazione e costruzione di fognature all’utile garantito per il socio privato, mancando cosi anche il totale rispetto dell’esito referendario”.